“Questo Piano strutturale di bilancio doveva essere un documento molto importante, perché va a delineare le sorti della nostra finanza pubblica e con essa, ovviamente, le sorti dell'economia per i prossimi 7 anni.
Dicevo che avrebbe dovuto essere un'occasione molto importante, perché una prospettiva di questo genere avrebbe dovuto aprire una discussione, un confronto che coinvolgesse tutta la società italiana, a partire dalle sue rappresentanze sociali, imprenditori e sindacati, le opposizioni, il Terzo settore e così via. Non è avvenuto niente di tutto questo, ma quello che è drammatico è che non è avvenuta neppure una riflessione adeguata rispetto a che cosa significhino questi 7 anni futuri. Abbiamo il minimo sindacale richiesto dalla Commissione europea - cioè il profilo dell'indicatore nuovo scelto, la spesa pubblica netta -, ma non sappiamo praticamente niente, se non parole molto generiche, su quello che accompagnerà quel percorso”. Lo ha detto la deputata del Pd, membro della commissione Bilancio di Montecitorio, Maria Cecilia Guerra, intervenendo in Aula sul Piano Strutturale di Bilancio.
“In particolare, le linee guida della Commissione europea chiedevano specificamente ai Governi che chiedono un'estensione del Piano fino a 7 anni di indicare per le riforme e gli investimenti previsti non solo genericamente dei titoli - come avviene in questo documento fuffa - ma di indicare con precisione, così come è stato fatto per il PNRR, gli obiettivi, gli indicatori attraverso cui misurarli e i tempi della realizzazione. Niente di questo è presente in questo Piano, anche con un piccolo giallo, perché nella prima versione che abbiamo avuto erano indicate nell'indice le tabelle in cui queste cose dovevano essere declinate, che poi non erano nel testo e infatti il testo è stato ritirato ed è arrivato un indice senza questa indicazione”, ha aggiunto la dem.
“Il governo ha dato parere positivo a due ordini del giorno molto importanti per la provincia di Modena. Il primo riguarda la reindustrializzazione del polo Mozarc di Mirandola, il secondo il piano industriale di rilancio del Marchio Maserati. Coi nostri odg, votati all'unanimità dall'Aula, abbiamo ottenuto che particolare attenzione sia dedicata alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Continueremo a pressare il governo perché a questi impegni seguano i fatti”.
Così i deputati del Partito democratico Stefano Vaccari e Maria Cecilia Guerra.
“E’ un discorso di filiere. Le imprese appaltano, sub appaltano, alla ricerca di un costo più basso del lavoro e, in fondo, c’è lo schiavo. In agricoltura lo stesso discorso. La grande distribuzione strozza gli agricoltori? Può essere, ma sotto gli agricoltori ci sono i caporali e sotto ancora i lavoratori, gli schiavi. Prendiamo le famiglie. Non diamo attuazione alla legge sulla non autosufficienza? Le famiglie non sanno come fare, prendono una badante, non la pagano con il dovuto e si tramuta in una schiava. L’articolo 36 della Costituzione ci dice che il lavoro è dignità e libertà, che il salario deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro, perché altrimenti il lavoro perde dignità e libertà. Noi siamo per salario minimo perché siamo contro la schiavitù”.
Così Maria Cecilia Guerra, deputata Pd e responsabile nazionale Lavoro, intervenendo in Aula.
"Giorgia Meloni in questi anni ha ripetuto i suoi mantra continuamente, ma il governo dei patrioti e per la famiglia non è stato in grado di produrre nessuna piccola azione che risulti efficace in tal senso. Solo slogan e propaganda. Siamo un Paese in cui è sempre più complesso riuscire a conciliare occupazione, carriera e cura dei figli. Le madri lavoratrici che rassegnano le dimissioni sono in aumento e questo per mancanza di servizi adeguati a sostegno della genitorialità. Tutto il peso del lavoro di cura grava allora sulle spalle delle madri. Per questo le donne, a parità di istruzione o addirittura con istruzione superiore rispetto agli uomini, ricoprono posizioni e percepiscono retribuzioni più basse. L’assenza di servizi all’infanzia o di misure dirette al work-life balance, come settimana corta o smart working, non consentono di conciliare il ruolo genitoriale con quello professionale. Leggiamo da indiscrezioni di stampa che ci sarebbero 5-6 miliardi da destinare alla famiglia. Bene. Chiediamo al governo di usarli per una misura strutturale che cambierebbe la vita di tante persone e incentiverebbe davvero la natalità: si chiama congedo paritario per entrambi i genitori, con 5 mesi pagati al 100% non trasferibile. Approviamo subito un congedo paritario pienamente retribuito per entrambi i genitori. Sarebbe un segnale forte e un atto concreto verso le politiche a sostegno della genitorialità. Sia la madre che il padre avrebbero diritto allo stesso periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, senza differenze di genere, per partecipare alla crescita e alla cura del figlio. Si passerebbe dalle politiche, invocate e mai attuate, di conciliazione pensate per le sole donne, a politiche di condivisione e conciliazione pensate per entrambi i genitori. Il governo esca dalla propaganda e si confronti con la nostra proposta che cambierebbe strutturalmente la legislazione attuale, che prevede solo 10 giorni di astensione dal lavoro per i papà, e rappresenterebbe un’azione diretta per il sostegno alle famiglie e di contrasto alla crisi della natalità". Lo dichiarano in una nota i deputati della segreteria nazionale PD Marco Furfaro, responsabile iniziative politiche e welfare, e Cecilia Guerra, responsabile lavoro.
“Non posso che dichiararmi totalmente insoddisfatta, come è evidente, da questa risposta. Una risposta che non risponde. Questa cosa comincia a stupirmi, perché non è la prima volta che poniamo al governo questo tema. La domanda non era indirizzata alle 625 voci complessive indicate come Tax expenditures, ma soltanto alle Tax expenditures che sono state quantificate all'interno del rapporto, che sono in numero di 411, non le ho quantificate io le ha quantificate il rapporto. Quindi il primo problema era distinguere all'interno di queste voci, quelle che sono strutturali e non strutturali e poi di quantificare quelle che hanno come proprie le finalità tutelate dalla legge delega fiscale: le detrazioni Irpef relative alla numerosità familiare e alla tutela del lavoro, della salute e della previdenza complementare”. Così la deputata dem Cecilia Maria Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria Pd, intervenendo in replica al Question time in commissione Finanze al sottosegretario del Mef, Federico Freni in merito ai dati riportati nel rapporto sulle Spese Fiscali.
“L’interrogazione – ha concluso Guerra – era tutta finalizzata ad avere delle quantificazioni. Presentarsi con una risposta che non ha neanche un numero è segno di scarsa disponibilità. Mi sarei aspettata una elencazione dettagliata dei dati su cui è stata costruita la tabella che porta le quantificazioni, divisa per le voci delle singole detrazioni. Avrei capito che fosse accompagnata dal caveat, importantissimo, che avvertisse di non poter usare immediatamente questa cifra come copertura per eventuali provvedimenti futuri, perché l’impatto finanziario e la quantificazione non sono esattamente la stessa cosa. So bene che il tema è molto complesso, però uno sforzo in più sarebbe stato non solo gradito ma penso dovuto.”
“Il sequestro di 121 milioni di euro alla società di Amazon che si occupa della consegna delle merci squaderna un meccanismo raffinato di aggiramento delle regole più elementari dei diritti dei lavoratori. Siamo davanti a una grande multinazionale che già non paga le tasse dove fa profitti e che allo stesso tempo si avvale sistematicamente di somministrazione illecita dì manodopera attraverso società di comodo create ad hoc per pagare di meno i lavoratori e non far rispettare i contratti. La magistratura farà il suo corso, ma lo spaccato che emerge dall’inchiesta di Milano ci racconta di quanto sia necessario intervenire sul lavoro delle piattaforme, dove va delineandosi un sistema di vero e proprio ‘caporalato digitale’ imponendo un principio di responsabilità ai committenti. Questi abusi non sarebbero più possibili se il governo avesse accettato il nostro emendamento che vieta per norma la concessione degli appalti a soggetti privi di qualsivoglia struttura organizzativa e che funzionano esclusivamente come fornitori di manodopera diretta di fatto dal committente, in questo caso attraverso l’algoritmo. Continueremo a riproporla anche in futuro”.
Lo dichiarano la deputata Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd, e Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera.
“È il riciclo di una norma che era già prevista nel disegno di legge collegato al decreto primo maggio che doveva essere approvato un anno e mezzo fa, quindi sicuramente una norma molto tardiva. Noi siamo d'accordo che l'incrocio delle banche dati sia utile per contrastare la piaga del caporalato in agricoltura, ma non basta. La nostra proposta è quella di costruire un Durc di congruità, così come è stato fatto in edilizia cioè uno strumento che metta in relazione il tipo di coltura che viene fatto con la manodopera che è necessaria. Ci si deve arrivare anche in base alle esperienze già maturate con i vari indici di coerenza sperimentati in diversi contesti nazionale e regionali. Se non c’è congruenza non ci deve essere l’abilitazione per poter ottenere finanziamenti pubblici sia europei che nazionali, e questo deve diventare in prospettiva un titolo abilitativo per poter trasformare e commercializzare i propri rodotti. Va costruito come è stato fatto in edilizia in accordo con le parti sociali”. Lo ha detto Maria Cecilia Guerra deputata Pd e responsabile nazionale Lavoro intervenendo alla conferenza stampa del Pd di presentazione del pacchetto di emendamenti al Dl agricoltura.
Mercoledì conferenza stampa con Guerra (Pd), Barzotti (M5s), Mari (Avs) e Bozzanca (InOltre)
Oggi mercoledì 3 luglio - ore 14.30, presso la sala stampa della Camera dei Deputati - si terrà una conferenza stampa promossa da Pd, M5s e Avs per rilanciare la raccolta firme a favore della proposta di legge di iniziativa popolare per istituire in Italia il salario minimo. La proposta di legge è stata depositata da Pd, M5s e Avs presso la Corte di Cassazione e annunciata in Gazzetta Ufficiale il 2 maggio e può essere sottoscritta presso i banchetti diffusi su tutto il territorio nazionale e online sulla piattaforma dedicata (https://firme.salariominimosubito.it/).
Alla conferenza stampa, promossa da Maria Cecilia Guerra (Pd), Valentina Barzotti (M5s), Franco Mari (Avs), parteciperà anche Giordano Bozzanca che annuncerà l’adesione alla raccolta firme delle associazioni: InOltre, UDU, Link Coordinamento Universitario, Acta in Rete, Primavera degli Studenti, Nuovi Orizzonti GD, ALS specializzandi, Federazione degli Studenti, Repubblica degli Stagisti, Coordinamento giovani giuristi italiani CoGita, Praticanti Avvocati, Unione degli Studenti, Rete della Conoscenza, Questa è Roma, Italiani Senza Cittadinanza, Rete degli Studenti Medi, Friday For Future Italia, Movimento giovanile della Sinistra.
Perché serve un salario minimo?
In Italia i dati sono allarmanti. Chi sta pagando davvero la grande inflazione degli ultimi anni sono i lavoratori: l’Istat ci dice che tra gennaio 2021 e dicembre 2023 i prezzi al consumo sono aumentati del 17,3% mentre le retribuzioni contrattuali sono cresciute solo del 4,7%. Nel 2023, le famiglie dei lavoratori dipendenti in povertà assoluta sono cresciute al 9,15% dall’8,3% del 2022.
3 milioni e mezzo di persone lavorano con un minimo contrattuale inferiore a 9 euro lordi all’ora. In tutti i paesi dove esiste il salario minimo legale ha avuto un ruolo cruciale nel difendere i salari dall’inflazione. Ha avuto anche l’effetto di ridurre il gap di genere, per colpa del quale le donne ricevono salari più bassi rispetto agli uomini.
L’assenza di un salario minimo non solo espone i lavoratori a salari ingiustamente bassi ma contribuisce anche a un fenomeno di “contrattazione malata”, dove le condizioni di lavoro e i salari vengono negoziati in modo inefficace e spesso a svantaggio dei lavoratori stessi. Di conseguenza, la disparità salariale persiste e si aggrava, rendendo urgente un intervento legislativo.
Mercoledì conferenza stampa con Guerra (Pd), Barzotti (M5s), Mari (Avs) e Bozzanca (InOltre)
Mercoledì 3 luglio - ore 14.30, presso la sala stampa della Camera dei Deputati - si terrà una conferenza stampa promossa da Pd, M5s e Avs per rilanciare la raccolta firme a favore della proposta di legge di iniziativa popolare per istituire in Italia il salario minimo. La proposta di legge è stata depositata da Pd, M5s e Avs presso la Corte di Cassazione e annunciata in Gazzetta Ufficiale il 2 maggio e può essere sottoscritta presso i banchetti diffusi su tutto il territorio nazionale e online sulla piattaforma dedicata (https://firme.salariominimosubito.it/).
Alla conferenza stampa, promossa da Maria Cecilia Guerra (Pd), Valentina Barzotti (M5s), Franco Mari (Avs), parteciperà anche Giordano Bozzanca che annuncerà l’adesione alla raccolta firme delle associazioni: InOltre, UDU, Link Coordinamento Universitario, Acta in Rete, Primavera degli Studenti, Nuovi Orizzonti GD, ALS specializzandi, Federazione degli Studenti, Repubblica degli Stagisti, Coordinamento giovani giuristi italiani CoGita, Praticanti Avvocati, Unione degli Studenti, Rete della Conoscenza, Questa è Roma, Italiani Senza Cittadinanza, Rete degli Studenti Medi, Friday For Future Italia, Movimento giovanile della Sinistra.
Perché serve un salario minimo?
In Italia i dati sono allarmanti. Chi sta pagando davvero la grande inflazione degli ultimi anni sono i lavoratori: l’Istat ci dice che tra gennaio 2021 e dicembre 2023 i prezzi al consumo sono aumentati del 17,3% mentre le retribuzioni contrattuali sono cresciute solo del 4,7%. Nel 2023, le famiglie dei lavoratori dipendenti in povertà assoluta sono cresciute al 9,15% dall’8,3% del 2022.
3 milioni e mezzo di persone lavorano con un minimo contrattuale inferiore a 9 euro lordi all’ora. In tutti i paesi dove esiste il salario minimo legale ha avuto un ruolo cruciale nel difendere i salari dall’inflazione. Ha avuto anche l’effetto di ridurre il gap di genere, per colpa del quale le donne ricevono salari più bassi rispetto agli uomini.
L’assenza di un salario minimo non solo espone i lavoratori a salari ingiustamente bassi ma contribuisce anche a un fenomeno di “contrattazione malata”, dove le condizioni di lavoro e i salari vengono negoziati in modo inefficace e spesso a svantaggio dei lavoratori stessi. Di conseguenza, la disparità salariale persiste e si aggrava, rendendo urgente un intervento legislativo.
Mercoledì conferenza stampa con Guerra (Pd), Barzotti (M5s), Mari (Avs) e Bozzanca (InOltre)
Mercoledì 3 luglio - ore 14.30, presso la sala stampa della Camera dei Deputati - si terrà una conferenza stampa promossa da Pd, M5s e Avs per rilanciare la raccolta firme a favore della proposta di legge di iniziativa popolare per istituire in Italia il salario minimo. La proposta di legge è stata depositata da Pd, M5s e Avs presso la Corte di Cassazione e annunciata in Gazzetta Ufficiale il 2 maggio e può essere sottoscritta presso i banchetti diffusi su tutto il territorio nazionale e online sulla piattaforma dedicata (https://firme.salariominimosubito.it/).
Alla conferenza stampa, promossa da Maria Cecilia Guerra (Pd), Valentina Barzotti (M5s), Franco Mari (Avs), parteciperà anche Giordano Bozzanca che annuncerà l’adesione alla raccolta firme delle associazioni: InOltre, UDU, Link Coordinamento Universitario, Acta in Rete, Primavera degli Studenti, Nuovi Orizzonti GD, ALS specializzandi, Federazione degli Studenti, Repubblica degli Stagisti, Coordinamento giovani giuristi italiani CoGita, Praticanti Avvocati, Unione degli Studenti, Rete della Conoscenza, Questa è Roma, Italiani Senza Cittadinanza, Rete degli Studenti Medi, Friday For Future Italia, Movimento giovanile della Sinistra.
Perché serve un salario minimo?
In Italia i dati sono allarmanti. Chi sta pagando davvero la grande inflazione degli ultimi anni sono i lavoratori: l’Istat ci dice che tra gennaio 2021 e dicembre 2023 i prezzi al consumo sono aumentati del 17,3% mentre le retribuzioni contrattuali sono cresciute solo del 4,7%. Nel 2023, le famiglie dei lavoratori dipendenti in povertà assoluta sono cresciute al 9,15% dall’8,3% del 2022.
3 milioni e mezzo di persone lavorano con un minimo contrattuale inferiore a 9 euro lordi all’ora. In tutti i paesi dove esiste il salario minimo legale ha avuto un ruolo cruciale nel difendere i salari dall’inflazione. Ha avuto anche l’effetto di ridurre il gap di genere, per colpa del quale le donne ricevono salari più bassi rispetto agli uomini.
L’assenza di un salario minimo non solo espone i lavoratori a salari ingiustamente bassi ma contribuisce anche a un fenomeno di “contrattazione malata”, dove le condizioni di lavoro e i salari vengono negoziati in modo inefficace e spesso a svantaggio dei lavoratori stessi. Di conseguenza, la disparità salariale persiste e si aggrava, rendendo urgente un intervento legislativo.
“Il disegno di Legge Schlein poneva al Parlamento una questione molto semplice: siamo d’accordo che superare la crisi sistemica in cui, anche secondo la Corte dei Conti, versa il nostro sistema sanitario, uscito provato dalla crisi pandemica, che pure ha affrontato con grande capacità, deve essere un obiettivo prioritario per il nostro Paese? Siamo quindi disponibili a decidere di dedicare risorse pubbliche in misura crescente a questo obiettivo, in modo da raggiungere gradualmente un finanziamento della sanità pubblica che, in rapporto al Pil, ci metta in linea con gli altri paesi europei? Siamo convinti che queste risorse debbano essere indirizzate in primo luogo a superare le difficoltà enormi di arruolamento del personale sanitario, eliminando gli ostacoli regolamentari ed economici attualmente esistenti, e impedirne l’emorragia verso la sanità privata, che li paga di più, ma in larga parte sempre attraverso soldi pubblici? Siamo d’accordo che le liste di attesa non si sconfiggono chiedendo ai pochi medici e infermieri di fare straordinari, ulteriori rispetto a quelli che già fanno? A tutte queste domande la maggioranza di destra ha semplicemente risposto No”.
Così la deputata democratica della commissione Bilancio e responsabile Lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra.
“Ci interessa il futuro dei lavoratori dell’Azienda Mozarc, ex Bellco, per questo evitiamo di polemizzare sul fatto che a fronte di tre interrogazioni già presentate nei giorni scorsi dalle opposizioni stamattina, di contro, il governo abbia deciso di rispondere a quella della Lega e non alle altre che, come spesso avviene, si potevano abbinare. Tantomeno vogliamo pensare che la risposta sia collegata alla scadenza elettorale di domenica a Mirandola. Tuttavia apprezziamo le parole del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha deciso di convocare un tavolo di crisi ministeriale dopo quello già convocato per il 26 giugno dalla Regione Emilia Romagna. Questo ha determinato, e ne siamo contenti, il congelamento da parte dell’azienda delle procedure di licenziamento di 350 lavoratori a fronte della chiusura di un reparto produttivo. Ora vengano messi in campo tutti gli sforzi istituzionali perché siano salvaguardati i livelli occupazionali della Mozarc e delle imprese dell’indotto. Noi continueremo a presidiare e monitorare la situazione perché con il concorso di tutti si arrivi ad una soluzione positiva”.
Lo dichiarano i deputati Pd, Stefano Vaccari e Maria Cecilia Guerra, e la senatrice Enza Rando.
“Ciò che è accaduto ieri a Latina dove un lavoratore è stato abbandonato in strada dopo che un macchinario gli aveva staccato un braccio è qualcosa di tragico e sarebbe sbagliato se venisse considerato semplicemente un episodio isolato di disumanità. Ci sono indagini condotte da organismi nazionali e internazionali sullo stato di 'schiavitù' che si perpetra nelle campagne di diverse regioni italiane dove i lavoratori, vivendo in condizioni disumane, non sono considerati esseri umani ma solo braccia da sfruttare”. Lo dichiara la deputata dem Maria Cecilia Guerra chiedendo al ministri Calderone e Lollobrigida di riferire con urgenza in Aula di Montecitorio sullo stato della lotta al caporalato dopo i fatti gravissimi di ieri a Latina.
“Sulla provincia di Latina le indagini condotte hanno messo in rilievo situazioni particolarmente drammatiche: lavoratori costretti ad assumere droghe per poter lavorare più ore, ricattati e minacciati con l'uso delle armi, umiliati a capo chino e costretti a fare il saluto romano. In generale sono obbligati a lunghe ore di lavoro non dichiarate, paghe bassissime e tutto viene svolto in luoghi e soprattutto alloggi non salubri e sicuri. Una vera e propria schiavitù che diventa anche sessuale nel caso di lavoratrici donne”.
“Voglio stigmatizzare la parola 'disordine' riportata nel verbale di quanto successo ieri in Aula: è un termine neutro che non individua responsabilità. Questa verbalizzazione creerebbe un precedente che non possiamo accettare perché è una narrazione mistificante. Ieri abbiamo visto dei pugni sferrati con il desiderio di far male! Sono stati colpiti un deputato e un commesso e questo non si può né tollerare né vedere in Aula di Montecitorio”. Lo ha dichiarato la deputata dem Maria Cecilia Guerra intervenendo in Aula su quanto avvenuto alla Camera con l'aggressione del deputato Donno.
“Il verbale non può essere reticente su questo gravissimo episodio. Le responsabilità vanno individuate e il termine giusto è aggressione”, ha concluso Guerra.
Nel corso del suo intervento in aula la deputata democratica, Cecilia Guerra, ha evocato il metodo Bignami applicato all’autonomia differenziata. La responsabile lavoro del Pd ha fatto esplicito riferimento alle recenti dichiarazioni del viceministro, Galeazzo Bignami, che, in campagna elettorale, si è detto pronto a non dare i ristori a chi si fa influenzare dal Pd. “Questo provvedimento – ha sottolineato Guerra – presenta gravi criticità nelle modalità di finanziamento introducendo tempi e criteri diversi tra regioni senza nessuna garanzia della tenuta complessiva. “Cosa vuol dire criteri diversi?”, ha chiesto Guerra, “la risolverete con il metodo Bignami: se siete d’accordo con noi i soldi arrivano, se non siete d’accordo i soldi non arrivano. È questo il modello? Le regioni amiche avranno i soldi e prima degli altri a cui spetteranno invece le briciole?”, ha concluso la deputata democratica.