Considero questa proposta di legge un obbrobrio giuridico, nient'altro che cattiva propaganda, una inutile crociata per rendere la Gestazione per Altri un reato universale". Ha esordito così Laura Boldrini, deputata del Partito Democratico e Presidente del Comitato Permanente della Camera sui Diritti Umani nel mondo, durante le votazioni in corso alla Camera sull'universalità del reato di GPA. "Con questa proposta di legge - ha proseguito Boldrini - si vorrebbe rendere perseguibile il reato di GPA anche nei casi in cui la gestazione per altri venga effettuata in uno Stato nel quale questa pratica è regolata da leggi, e dove dunque non è un reato. Ma tutti sanno, anche voi della destra lo sapete, che per punire un'azione compiuta all'estero, quell'azione deve essere reato anche nel Paese dove è stata commessa. È il principio della doppia incriminazione. E un'altra cosa vogliamo sottolineare. Ci sono reati il cui disvalore è riconosciuto dall'intera comunità internazionale sulla base di convenzioni o trattati sottoscritti anche dall'Italia. Per esempio, solo per citarne alcuni: il genocidio, la pirateria, i reati sessuali in danno di minori. Insomma, tutto questo per dire che di fronte a crimini contro l'umanità o a gravissimi reati contro lo Stato o contro la persona può invocarsi, eccezionalmente, l'universalità della giurisdizione. Non altrettanto si può fare di fronte a un reato sproporzionatamente meno grave, anche per la pena detentiva prevista di un massimo di due anni, e non universalmente riconosciuto come quello della Gestazione per Altri. Non esiste infatti per la GPA alcuna cornice giuridica internazionale, nessun trattato o convenzione. Del resto, com'è possibile ipotizzare che debba essere reato universale una condotta che in altri Stati è legale e regolata? E parliamo di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Belgio, Olanda, Portogallo e altri. E cioè di democrazie consolidate". "E poi, vogliamo provare a immaginare cosa accadrebbe ai bambini e alle bambine se questa universalità del reato di GPA passasse? Su di loro si abbatterebbe un marchio d'infamia che nessun figlio merita - ha evidenziato la deputata dem - Dunque: dei cittadini italiani rientrano in Italia con i figli nati regolarmente all'estero da Gestazione per Altri, secondo le leggi di quel Paese e con un certificato di nascita che è un atto ufficiale. Si aprirebbe subito un procedimento giudiziario su questi genitori. Dopo un processo e una sentenza di condanna, la coppia potrebbe dover scontare una reclusione fino a due anni e pagare una multa da 600mila a un milione di euro, mentre il bambino o la bambina verrebbero allontanati dalla coppia. Vi rendete conto di cosa questo può significare per le loro vite? Dove finisce così l'interesse preminente del minore? Ed è paradossale che questa crociata venga scatenata in un momento in cui la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia dell'Unione Europea sottolineano che il nostro Paese continua a violare il diritto di figlie e figli di coppie omogenitoriali a essere riconosciuti all'anagrafe, nel rispetto del prevalente interesse del minore". "La verità - ha concluso Boldrini - è che si vogliono porre ostacoli di ogni genere alle coppie LGBT. È la deriva ideologica "alla polacca", che intende affermare la legittimità di un solo modello di famiglia (con coppia che peraltro non deve avere problemi di procreazione) comprimendo pesantemente i diritti e la dignità dei minori. Per questo pensiamo che la proposta di legge Varchi sia un provvedimento di pura e nociva propaganda che, in quanto tale, getta discredito su quest'aula e su questo Parlamento".
Dichiarazione di Virginio Merola, capogruppo Pd Commissione Finanze della Camera
Mentre la corte dei conti certifica il fallimento della politica dei condoni e il mancato introito per lo Stato e mentre si assiste da inizio anno a una caduta delle entrate fiscali, Salvini rilancia i condoni e li chiama pace fiscale: le entrate non coperte dai condoni o le pagano i contribuenti in regola o si mettono sul debito pubblico, cioè sulle spalle dei giovani. Fanno un deserto del futuro del Paese e lo chiamano pace.
“Mentre la Corte dei conti certifica il fallimento della politica dei condoni e il mancato introito per lo Stato e si assiste da inizio anno a una caduta delle entrate fiscali, oggi è terminato l’esame della Legge delega fiscale in commissione Finanze. Si rende istituzionale il sistema corporativo della destra, con imposte diverse per ogni categoria di contribuente e senza alcuna seria misura di contrasto all’evasione fiscale diffusa e al mercato nero. Nessuna seria ipotesi di copertura degli sgravi promessi è avanzata, tranne un riferimento alle spese fiscali da rivedere e a vaghe speranze di crescita economica. La base imponibile Irpef si riduce ulteriormente e resta sulle spalle dei soli lavoratori dipendenti e pensionati. Viene meno ancora di più la progressività fiscale e l’equità tra le stesse categorie di reddito. Senza lotta seria all’evasione e senza redistribuzione del carico fiscale, si mantiene la promessa di ridurre le tasse per tutti. Una grande menzogna ma sufficiente a questo governo. Un esecutivo incapace di uscire dalla logica del consenso presente e di dare una direzione di marcia. Resta di fatto solo la prospettiva dei tagli ai servizi sanitari e sociali e dell’aumento del debito pubblico. Noi del Pd ci opporremo nel Paese e nelle istituzioni a questa incapacità di fare l’interesse generale dell’Italia. Una destra arrogante con i deboli, servile con gli interessi di parte e attenta solo ai condoni e alle elusioni, sta portando il Paese al declino”.
Così il capogruppo del Pd in commissione Finanze alla Camera, Virginio Merola.
«Siamo tutte e tutti convinti di essere parlamentari e cittadini di un grande Paese come l’Italia, ma in realtà oggi siamo qui per discutere l’ultimo provvedimento della Nazione di Melonia». Così ha esordito la deputata del Partito Democratico Laura Boldrini, intervenendo oggi alla Camera nel corso della discussione generale sulla proposta di legge Varchi, voluta da Fratelli d’Italia per introdurre l’universalità del reato di Gestazione per Altri.
«Melonia è quella Nazione dove ci troviamo a vivere oggi», ha proseguito Boldrini, «un posto dove si respinge invece di accogliere, dove si stringono patti e alleanze con autocrati e dittatori, dove si tolgono sostegni economici a chi è in difficoltà, dove si sottraggono diritti anziché estenderli. È una nazione, quella di Melonia, che vive di propaganda politica e dove, in nome di quella propaganda, si fanno le leggi. Ed è pura propaganda, adesso, la crociata per rendere la GPA, la Gestazione per Altri, reato universale. È paradossale che questa crociata venga scatenata in un momento in cui la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sottolineano che il nostro Paese continua a violare il diritto di figlie e figli di coppie omogenitoriali a essere riconosciuti all’anagrafe, nel rispetto del prevalente interesse del minore. Ma questo vale per l’Italia, non per Melonia, dove invece si vorrebbe appunto rendere perseguibile il reato di GPA anche nei casi in cui la gestazione per altri venga effettuata in uno Stato nel quale questa pratica è regolata da leggi, e dunque non è un reato. Diamo una notizia ai governanti di Melonia», ha sottolineato la deputata dem, «per punire un’azione compiuta all’estero, quell’azione deve essere reato anche nel Paese in cui è stata commessa. Com’è possibile perciò ipotizzare che debba essere reato universale una condotta che in altri Stati è legale e regolata? E com’è possibile ipotizzare di rendere la GPA reato universale quando la pena detentiva attualmente prevista è quella della reclusione da tre mesi a due anni? Un tempo che non è minimamente paragonabile a quello previsto per reati considerati riprovevoli e universalmente perseguibili, come per esempio quelli di genocidio, terrorismo, mutilazioni genitali femminili o traffico di organi umani».
Boldrini si è poi soffermata su cosa accadrebbe ai bambini e alle bambine se l’universalità del reato di GPA passasse: «Se dei cittadini italiani rientrassero in Italia con i figli nati regolarmente all’estero da Gestazione per Altri, secondo le leggi di quel Paese e con un certificato di nascita che è un atto ufficiale, sarebbero sottoposti a processo e in caso di condanna il bambino o la bambina verrebbero allontanati dalla coppia. La verità è che si vogliono porre ostacoli di ogni genere alle coppie LGBT. È la deriva ideologica “alla polacca”, che intende affermare la legittimità di un solo modello di famiglia comprimendo pesantemente i diritti e la dignità dei minori. La Destra, infatti, continua a raccontarci la maternità surrogata come una “pratica LGBT” e vuole punirla come tale, quando invece a farne uso sono in maggioranza coppie eterosessuali. 9 coppie su 10, secondo le statistiche. La proposta di legge Varchi inasprisce la perseguibilità della Gestazione per Altri esponendo bambini e bambine a un marchio d’infamia, come nati da un crimine universale e, in quanto tale, esecrabile. Come dovrebbero sentirsi questi figli e queste figlie?»
Ha poi concluso Laura Boldrini: «Chiunque creda nello Stato di diritto, al di là di come la si pensi sulla Gestazione per Altri – che è una pratica già da tempo vietata in Italia, sulla base di una scelta nazionale e non di un vincolo internazionale –, ha il dovere di dire no a questo provvedimento, perché si tratta di pura propaganda visto che il reato non potrà diventare universale per il solo fatto che questa legge lo avrà stabilito. Bisogna dire no a una norma che è soltanto un obbrobrio giuridico legato alla pericolosa idea di “Stato etico” che da Melonia si vorrebbe estendere all’intero globo terracqueo. L’Italia ha una tradizione di cultura giuridica garantista e liberale, e noi faremo di tutto per preservarla».
Dichiarazione di Arturo Scotto, deputato Pd-Idp
“Questo decreto è un’operazione striminzita che non risponde alla domanda fondamentale: come strappare alla precarietà una generazione di lavoratori pubblici, come dare un contratto decente - che aspettano da tempo - per 3,2 milioni di addetti che hanno perso potere d’acquisto, come costruire un piano straordinario per l’occupazione che consenta a una generazione, soprattutto nel Sud, di ricostruire lo Stato e salvare il welfare. Governo e maggioranza lavorano solo per stabilizzare qualche staff ministeriale e cambiare qualche capo dipartimento. Troppo poco per l’emergenza di un paese che a breve non sarà nemmeno in condizione di stampare le carte d’identità”. E’ il “severo il giudizio” del gruppo del Pd-Idp al decreto sulla Pubblica Amministrazione, nella dichiarazione di voto del deputato Arturo Scotto. Per l’esponente del Pd-Idp, “c’è nel decreto la tendenza a sovvertire regole e procedure democratiche per conculcare le minoranze e difendere le proprie posizioni di potere. Quattro decreti al mese, 2 fiducie solo in questa settimana. Decreti che diventano Ombibus nonostante i richiami del Capo dello Stato - prosegue Scotto - secondo il quale “lo sfregio a questo parlamento è rappresentato dall’emendamento sul controllo concomitante della Corte dei Conti, inserito dentro un provvedimento che doveva occuparsi di Pa.” “Qui non c’è solo il merito che delinea un’indifferenza verso le regole – ha concluso Scotto- ma un vero e proprio disegno di demolizione di qualsiasi organismo che si limita a fare e dire quello che la Costituzione gli assegna. Dall’Ufficio di Bilancio, alla Procura nazionale Antimafia per finire alla Corte dei Conti passando dalla dichiarazione, gravissima e senza precedenti, sulle tasse come “pizzo di Stato”: un appello a evadere il fisco e a smantellare quel poco di principio di solidarietà che consente ancora la tenuta unitaria del paese. Quando accadono queste cose, interrogarsi sullo stato di salute della democrazia è un dovere morale, non un esercizio accademico.”
“Sette mesi e 15 giorni sono passati dall’insediamento del governo Meloni senza che nessuna riforma organica attesa dal Paese o promessa in campagna elettorale sia stata messa in cantiere. Sono stati approvati invece 25 decreti-legge e votate 17 questioni di fiducia. Siamo partiti dal considerare un’emergenza i Rave party e siamo arrivati alla pretesa di affrontare i temi del lavoro e della Pa con decreti-omnibus, abominio giuridico e politico. La nostra critica non è dovuta all’assenza dei requisiti di necessità ed urgenza. Anzi sono mesi che chiediamo al governo di occuparsi seriamente del Pnrr, considerato una palla al piede più che un’opportunità. Solo con il rafforzamento della Pa saremo in grado di spendere bene i soldi del più grande piano di investimenti dai tempi del Piano Marshall. Invece il governo ci consegna un decretuccio che nasconde l’abominio di un ennesimo grave strappo istituzionale sul potere di controllo concomitante della Corte dei Conti”.
Lo ha detto la vicepresidente del Pd, Chiara Gribaudo, intervenendo in Aula nella discussione generale sul Decreto Pa.
“Siamo in ritardo - ha aggiunto - nella spesa dei 4,6 miliardi di euro per la realizzazione di 250mila asili nido, nell’erogazione delle borse di studio. Abbiamo perso l’occasione di individuare le risorse per ridurre l’eccessivo ricorso ai contratti precari o a tempo determinato nella PA, e di colmare la differenza di attrattività tra pubblico e privato e la mancanza di profili professionali e tecnici. Sono stati bocciati sia il rinnovo del contratto collettivo nazionale 2022-2024 del pubblico impiego, che il piano straordinario di assunzioni. Questo decreto non copre invece il turnover, non abbassa l’età media della PA, non affronta il tema della precarietà degli oltre 400mila lavoratori con contratti flessibili e dei 63mila lavoratori e lavoratrici precari della sanità. Il governo ha trovato qualche risorsa per risolvere i problemi della dirigenza, ma non ha pensato alla base: non è riuscito, ad esempio, a reperire le risorse per portare dal 10 al 30% il tetto alla deroga di spesa in sanità delle Regioni. Il Pd - ha concluso - non può che votare contro l’ennesimo, inutile e dannoso decreto omnibus”.
“Questo decreto è l’ennesimo spot elettorale. Chiamate “Decreto PA” un provvedimento che si occupa molto poco dei problemi strutturali delle nostre amministrazioni pubbliche: di carenza di organico, precarietà, rinnovi contrattuali, non troviamo alcuna traccia. L’aspetto più controverso del provvedimento è l’eliminazione del controllo concomitante della Corte dei Conti, nato con lo spirito di garantire ai cittadini italiani e a chi stava per emettere debito comune, l’Europa, un sistema di controlli capace di accertare per tempo truffe, sperperi e altre forme di irregolarità gestionali gravi. Su tutta questa faccenda, si è fatta tanta, troppa consapevole e strumentale confusione”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato dem Marco Lacarra, nel corso delle dichiarazioni di voto finali al decreto Pa.
“Voi – ha proseguito l’esponente Pd - prorogate lo scudo erariale ed eliminate il sistema di controlli che avevamo concordato con l’Ue e che noi stessi ci eravamo dati. La questione è ancora più bizzarra se solo si pensa che furono proprio membri dell’attuale maggioranza a chiedere, non più di due anni fa, iniziative che andavano esattamente nella direzione opposta a quella che ci troviamo a commentare oggi".
“Il vero tema – ha concluso Lacarra - è che i controlli danno fastidio a chi li subisce. La realtà è che questo governo è già all’angolo, ingabbiato dalla sua stessa incapacità. Pur di giustificare le vostre bugie e la vostra assoluta incompetenza, state portando il Paese allo sbando, creando i presupposti per un tremendo fallimento. Perché se voi sarete i responsabili materiali di questa débacle, a pagarne davvero le spese saranno i cittadini, saranno le imprese, sarà la nostra economia, sarà lo Stato italiano e anche quella Nazione di cui, tanto spesso, vi dite strenui difensori".
"Se si volessero affrontare con il dovuto impegno le carenze della Pubblica Amministrazione, bisognerebbe ad esempio, come fa questo ordine del giorno, mettere a fuoco la condizione delle prefetture, che sono drammaticamente sotto organico e non riescono quindi a esaminare, per citare il caso più esplosivo, migliaia di pratiche arretrate relative allo status di rifugiato e alla regolarizzazione della posizione lavorativa di un gran numero di lavoratrici e di lavoratori stranieri. Il risultato di questa carenza è la lesione di diritti riconosciuti dalla legge e perfino dalla nostra Costituzione, come è il diritto d’asilo". Lo ha detto in Aula alla Camera la deputata dem Laura Boldrini, durante l'esame degli ordini del giorno al decreto legge Pa.
"Con questo ordine del giorno - ha aggiunto l'esponente Pd - chiediamo una cosa semplice che qualunque governo è in grado di fare: convocare un tavolo con le organizzazioni sindacali del pubblico impiego per studiare il modo attraverso il quale potenziare le prefetture, a partire da quelle del Mezzogiorno, superando definitivamente il ricorso al lavoro precario del quale lo Stato non dovrebbe mai in alcun modo avvalersi.
"Ma - ha concluso Boldrini - diciamolo chiaramente: la vostra unica vera ambizione è stata ed è quella di usare questo decreto come cavallo di Troia per cancellare il controllo concomitante della Corte dei Conti sulla gestione dei fondi del Pnrr e per confermare lo scudo erariale, cioè l’impunità, anche in caso di condotte, cito 'commissive gravemente colpose' da parte di soggetti pubblici e privati. Un 'tana libera tutti' che, in un Paese come l’Italia, può avere effetti assai deleteri".
“Quello sulla Pa è un decreto inutile e dannoso. Inutile perché non risolve i problemi di mancanza di organico, di precariato e di adeguamento degli stipendi all’inflazione nella pubblica amministrazione; dannoso perché impedisce alla Corte dei Conti di vigilare sulla corretta attuazione del Pnrr. La destra continua a governare a colpi di decreto - mai urgenti, non omogenei ed uno alla settimana nei primi 8 mesi - esautorando il Parlamento e ignorando le continue raccomandazioni del Capo dello Stato”. Così la vicepresidente vicaria del Gruppo Pd alla Camera Simona Bonafè, intervenendo oggi sulle dichiarazioni di voto del provvedimento.
“Nel decreto ci sono soltanto norme spot e nessun investimento per valorizzare la professionalità dei dipendenti pubblici ed elevare la qualità dei servizi essenziali alla persona, come scuola, sanità e pubblica sicurezza. Ci sono al contrario norme che non riguardano la Pa ma che compromettono l’esecuzione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: uno strumento che rappresenta oggi la maggiore opportunità per rilanciare il paese dopo la pandemia, la guerra, il caro energia e l’inflazione”: conclude Simona Bonafè.
“Vorrebbero mettere telecamere e scanner ovunque, per controllare ognuno di noi in ogni momento della vita. Ma non vogliono che la Corte dei Conti metta il naso nei progetti milionari del Pnrr che stanno gestendo. Tipo marchese del Grillo: Io so' io e voi...".
Lo scrive su Twitter Emiliano Fossi, deputato e segretario del Pd della Toscana.
“Il decreto Pa non risolve i problemi della carenza di organico delle amministrazioni pubbliche ma è stato il cavallo di Troia con cui il governo ha messo il bavaglio alla Corte dei Conti sui ritardi dell’attuazione del Pnrr”. Lo ha detto in Aula alla Camera il deputato dem Emiliano Fossi, della commissione Lavoro, durante la discussione generale del cosiddetto decreto Pa.
“Nessuno dei grandi temi del comparto, ha concluso Fossi - dal precariato, al rinnovo dei contratti, al piano nazionale di assunzioni, è stato affrontato, nonostante gli emendamenti presentati dal Pd. La pubblica amministrazione è sotto organico, con contratti a termine e stipendi non allineati con l’inflazione. La destra ancora una volta promette e non mantiene gli impegni assunti in campagna elettorale e utilizza i decreti esclusivamente per inserire norme che limitano i controlli sul corretto operato del governo”.
La gestione del PNRR è la dimostrazione dell’incapacità di gestire una grande opportunità e di trasformarla invece in un pesante fardello ereditato da altri.
Da mesi il Partito Democratico chiede chiarezza e iniziativa: ad oggi abbiamo invece solo una governance centralizzata e paralizzata, che ha fatto accumulare inutili ritardi, e l’annuncio di un voto di fiducia per cancellare il ruolo di controllo della Corte dei Conti. Ma si sa, non c’è governo più insofferente al controllo di quello di destra. È così in Italia, è così in altre democrazia europee. Il Pnrr è il banco di prova del fallimento del governo Meloni, purtroppo però a pagarne le spese è il Paese.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati
“Il governo presieduto da Giorgia Meloni è in carica da poco più di sette mesi e ha già battuto tutti i record per quel che riguarda i decreti-legge negli ultimi anni. Dalla fine di ottobre del 2022 al 17 maggio, infatti, ben 25 sono i decreti giunti alle Camere, per una media di 4,1 al mese, superiore a quella di tutti gli altri governi che si sono succeduti almeno dal 2008. Ad esempio, il governo Draghi, in carica dal febbraio 2021 all’ottobre 2023 aveva raggiunto la quota di 3,2 decreti al mese, ben lontana da quella della Presidente Meloni che dall’opposizione allora tanto lamentava la compressione delle prerogative del Parlamento”. Così il deputato dem Andrea Casu in riferimento al “Decreto Pa” in discussione alla Camera.
“Si tratta – prosegue Casu – di una pratica, quella dell’abuso della decretazione d’urgenza, che ha sollevato anche il fermo intervento del Presidente della Repubblica in un recente incontro con i Presidenti delle Camere. La decretazione d’urgenza va utilizzata solo nei casi di straordinaria necessità ed urgenza, e non deve subire poi veri e propri stravolgimenti come il decreto in discussione oggi, che nasce per rafforzare la Pubblica amministrazione e che il governo ha trasformato, con un emendamento, in un mezzo per indebolire il controllo della Corte dei Conti sull’uso dei fondi del Pnrr”.
“Nel merito – ricorda ancora il deputato Pd – il decreto Pubblica amministrazione nasce male, in quanto il piano di assunzioni previsto è del tutto inadeguato anche solo per colmare il gap che la dinamica dei pensionamenti sta causando nella Pa. È anche evidente l’errata impostazione generale, dato che non si può riformare la Pa pensando solo a riassetti di vertice, quando, invece, sono necessarie massicce immissioni di energie alla base grazie al contributo delle nuove generazioni”.
“Il Gruppo Pd ha avuto in commissione un atteggiamento costruttivo durante tutta la discussione - conclude Casu - ma non accetteremo mai il messaggio politico che il governo vuole inviare con l’emendamento sulla Corte dei Conti, secondo il quale per spendere le risorse servono meno controlli affinché vengano impiegate nel modo giusto”.
“ La democrazia liberale si differenzia per l’ equilibrio costituzionale tra i poteri e per la presenza di un sistema dei controlli autonomo dal potere esecutivo.
L’emendamento del Governo sulla Corte dei Conti che ha cancellato il controllo concomitante sul PNRR è la punta di un iceberg di totale allergia al controllo dell’attività dell’Esecutivo.
Il governo preferisce alimentare lo spettro del nemico esterno che gli impedisce di lavorare, da ultimi la Corte dei Conti e la Commissione Europea.
Una strategia comunicativa utile solo a distrarre l’opinione pubblica dai disastrosi dati sull’attuazione dei progetti del PNRR nei primi 2 mesi del 2023.
Per il bene del paese il Governo metta il silenziatore alla propaganda e si assuma la responsabilità di governare, ascoltando anche le opposizioni e le parti sociali, la complessità del PNRR: una sfida irripetibile per cambiare in meglio l’Italia e renderla in grado di competere in una fase storica caratterizzata dalla rivoluzione digitale e dalla transizione ecologica”.
Lo ha detto Federico Fornaro (PD), della commissione affari costituzionali della Camera, intervenendo in aula nella discussione sul decreto sulla Pubblica Amministrazione
“Gigantesca anomalia è il taglio della discussione parlamentare sul decreto Pa e l'ennesimo voto di fiducia nonostante i numeri di cui dispone la maggioranza. Non certo il taglio dei controlli della Corte dei Conti sulle spese del Pnrr senza peraltro rafforzare i controlli interni per evitare che le risorse si possano disperdere nei glanghi degli abusi e della corruzione.
Meloni e la destra hanno una strana idea della democrazia e della trasparenza: il contrario di quello che dicevano quando erano all’opposizione”. Lo dichiara Silvio Lai, deputato Pd della Commissione Bilancio di Montecitorio.