Regeni torturato in carcere, ma Governo fa finta di non vedere
Nella notte sono stati bocciati tutti gli emendamenti delle opposizioni che chiedevano di escludere l’Egitto dalla lista dei "Paesi sicuri" prevista dal decreto flussi.
"È grave e oltraggioso – ha dichiarato il deputato democratico Gianni Cuperlo nel suo intervento in commissione – che questa decisione sia stata presa proprio nel giorno in cui, nel processo per l’omicidio di Giulio Regeni, è stata acquisita la testimonianza di un detenuto dello stesso carcere che ha raccontato di aver visto Giulio condotto nella stanza degli interrogatori con mani ammanettate dietro la schiena e occhi bendati, e successivamente riportato in cella in condizioni gravissime, trasportato a spalla, sfinito dalle torture. Lo stesso testimone – ha sottolineato Cuperlo - ha riferito che altri prigionieri rientravano dagli interrogatori con segni evidenti di violenze subite confermando le sistematiche violazioni dei diritti umani che si consumano nelle carceri egiziane. Davanti a tutto questo è incomprensibile che il governo italiano faccia finta di non vedere e continui a considerare l’Egitto un Paese sicuro. Peraltro - ha sottolineato Cuperlo - anche il rapporto di Freedom House classifica l’Egitto come un ‘Paese non libero’ a causa dei sistematici abusi delle forze di sicurezza, condizioni carcerarie disumane e un preoccupante aumento delle condanne a morte e delle esecuzioni sotto il regime di al-Sisi. Un quadro allarmante che rende la decisione di bocciare tutti gli emendamenti delle opposizioni non solo inaccettabile, ma moralmente insostenibile".
“Toppa peggio del buco. Oggi la presidente del consiglio passa il tempo a dare interpretazioni improbabili alle parole inqualificabili del suo governo. Dopo Valditara, Meloni arriva addirittura a difendere le dichiarazioni indegne di Delmastro che ha detto, testualmente, che “non lasciare respiro ai detenuti è un’intima gioia”. Meloni ha sbagliato anche anche oggi: invece di difendere Delmastro avrebbe dovuto pretenderne le dimissioni” così la responsabile nazionale giustizia del Pd, la deputata democratica, Debora Serracchiani.
Parole Delmastro indecenti
“La riforma Calderoli non esiste più”. Lo ha detto Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera, a Sky tg24 Agenda. “La Corte costituzionale ha colpito al cuore l’Automia, proprio nei punti su cui il Pd, le opposizioni, ma anche pezzi della maggioranza avevano evidenziato problemi e contraddizioni. Ora il governo blocchi le intese avviate con le singole regioni poiché è saltato il disegno di riforme inefficaci che volevano indebolire il paese”.
“Indecenti le parole del sottosegretario Delmastro - ha poi commentato la Braga - sintomo di una cultura repressiva in cui si lede la dignità delle persone in forme inaccettabili senza mai occuparsi veramente dei problemi. Cosa che dovrebbe fare il sottosegretario viste le condizioni delle carceri italiane”.
“Le parole del sottosegretario Delmastro trasudano violenza e crudeltà, come nella miglior tradizione fascista. Un sottosegretario alla Giustizia capace di esprimere concetti tanto barbari e orribilmente compiaciuti non è degno di rappresentare le istituzioni italiane. Il carcere non ha il compito di umiliare o torturare, ma quello di rieducare. E’ scritto nella nostra Costituzione, sulla quale pure avrebbe dovuto aver giurato Delmastro: ‘Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato’. Si vergogni Delmastro e si dimetta per aver infangato le istituzioni”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
"Le parole vergognose del sottosegretario alla Giustizia Delmastro sono inaccettabili. Superano il confine dello stato di diritto e dovrebbero indurlo alle immediate dimissioni. Non si può svolgere un ruolo così importante e rilasciare dichiarazioni prive di umanità contro i detenuti. Sono dichiarazioni che smascherano l'ossessione repressiva di questo Governo, incapace di adottare provvedimenti nonostante il record negativo di suicidi in carcere. Ora Meloni ci dica se Delmastro e le sue idee sono compatibili con il suo governo". Lo afferma la deputata del Partito Democratico Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia.
"L'ossessione repressiva ai tempi del governo Meloni arriva negli istituti penali minorili con l'obbligo di indossare la divisa per il personale della polizia penitenziaria. Lo prevede una circolare del mese scorso del Capo del Dipartimento di giustizia minorile Antonio Sangermano. È solo l'ultimo atto, dopo gli inasprimenti di pene del decreto Caivano, per affermare il modello autoritario anche nelle carceri minorili a danno dei principi rieducativi. Parliamo di ragazzi giovanissimi, per i quali servirebbero invece modelli di dialogo e reinserimento sociale”. Lo ha detto la deputata del partito Democratico Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia.
“Insieme ai colleghi deputati della commissione Giustizia ho depositato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro Nordio per conoscere le ragioni di questo provvedimento, che appare peraltro in pieno contrasto con la direttiva ministeriale del 2004 che disciplina l’utilizzo dell’uniforme negli Istituti penali minorili” ha aggiunto Di Biase, prima firmataria dell'interrogazione.
“In tutti questi anni gli agenti della polizia penitenziaria hanno usato abiti civili negli Ipm proprio per rafforzare il messaggio di inclusione che deve essere caposaldo per il funzionamento di un istituto per giovanissimi. Oggi cambia tutto e si procede a grande velocità per una omologazione del sistema penale minorile a quello per adulti. E’ un fatto gravissimo su cui chiediamo immediati chiarimenti al ministro” ha concluso la deputata Pd
Viaggio nell'inferno di Ponte Galeria. Si presenta così il rapporto sul CPR nel territorio comunale di Roma, redatto da CILD (Coalizione italiana libertà e diritti civili), alla cui presentazione ho avuto l'onore di intervenire questa mattina. Ponte Galeria ha le fattezze di carcere, in cui però i detenuti non scontano alcuna pena, in cui sono sedati continuamente e soprattutto passano le giornate senza alcuno scopo. Ci sono stata anche io in visita ispettiva in quel CPR, e posso constatare che il rapporto CILD riporta fedelmente l'assurdità di quel luogo. Un luogo in cui un ragazzo di vent'anni, Ousmane Sylla, si è tolto la vita. Un luogo su cui è intervenuta anche la CEDU, su iniziativa mia e delle reti associative e di avvocati, indicando all'Italia di trasferire le persone su cui abbiamo sollevato l'attenzione, confermando che i CPR sono luoghi patogeni, per niente in grado di garantire i diritti fondamentali e poco trasparenti nel loro funzionamento. La natura patogena dei CPR, e di quello di Ponte Galeria nello specifico, è stata ancora più manifesta nel caso di C.F., donna con evidenti difficoltà psichiatriche, tenuta in isolamento per nove mesi, con un background di violenza, che una volta trasferita in una struttura sanitaria adeguata, solo dopo l'intervento della CEDU, è tornata cosciente e ha mostrato evidenti segni di miglioramento.
Le visite fatte, il rapporto presentato oggi, le sentenze della CEDU, sono elementi incontrovertibili del fatto che questi luoghi non siano compatibili con uno Stato di Diritto come l'Italia e vanno chiusi. Il nostro Paese non deve permettere di continuare a rivestirsi della vergogna di avere sul proprio territorio delle carceri amministrative dove tutto è concesso e i diritti sono sospesi. Un modello violento, inefficace e irrispettoso della dignità umana, che va portato alla luce anche perché è lo stesso che il governo sta cercando, in spregio della legislazione internazionale, di esportare in Albania.
"Ancora una volta un suicidio e ancora una volta nel carcere pratese della Dogaia, il quarto da inizio anno, mentre il totale di detenuti che si sono tolti la vita nei penitenziari italiani sale a 77, ai quali vanno aggiunti sette agenti di polizia penitenziaria. L’ultima vittima aveva 50 anni era italiano e stava scontando una pena definitiva che si sarebbe dovuta concludere tra sei anni, nel 2030. Nella casa circondariale di Prato, oltre ai suicidi, si contano ogni anno 200 casi di autolesionismo e ad aggravare la situazione ci sono sovraffollamento e carenza endemica di personale. La crisi penitenziaria continua a non essere affrontata da questo governo e i numeri lo certificano. 15mila detenuti oltre i posti disponibili, le migliaia di agenti mancanti alla polizia penitenziaria. Siamo di fronte ad una situazione inaccettabile per un Paese civile. In carcere durante l'esecuzione della pena il detenuto deve conservare i diritti fondamentali perché le carceri non sono il deposito di una parte di umanità da nascondere ma luoghi di rieducazione dove deve essere garantita un'esistenza degna e la possibilità di riappropriarsi della propria vita una volta scontata la pena".
Lo afferma Marco Furfaro, capogruppo Pd in commissione Affari sociali alla Camera e membro della segreteria nazionale del Partito Democratico.
“Il Giubileo della speranza vedrà l’apertura di una Porta santa all’interno del carcere di Rebibbia. L’annuncio di Mons. Fisichella è di una importanza straordinaria per rimettere al centro dell’impegno pubblico, ad ogni livello, i diritti dei detenuti. Le istituzioni raccolgano l’appello di Papa Francesco per un impegno in questa direzione, sono necessarie iniziative concrete contro il sovraffollamento delle carceri italiane e per il rafforzamento del modello rieducativo”. Lo afferma la deputata del Partito Democratico Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia.
“Rebibbia come simbolo di tutte le carceri italiane nelle quali ogni giorno si assiste all’incremento di fenomeni di autolesionismo e suicidi. Portare la speranza tra i detenuti significa accettare la sfida di potenziare forme alternative alla detenzione in carcere per ridurre la pressione nelle celle, per aumentare il numero di educatori e psicologi e favorire il reinserimento sociale delle persone private di libertà” ha aggiunto Di Biase.
Dopo l’audizione del dott. Turrini Vita, confermiamo i nostri dubbi sulla incompatibilità nella forma e nel merito della nomina a Garante dei detenuti. Nella forma perché al momento della scelta da parte del governo, il dott. Turrini era certamente dipendente del ministero della Giustizia con ruolo di vicecapo del Dipartimento della Giustizia minorile, mentre la caratteristica fondamentale di un Garante dei detenuti deve essere quella di una netta indipendenza dalla struttura di controllo, senza ambiguità e confusione di ruoli. Quindi riteniamo che la sua incompatibilità resti e non sia sanata dalle successive dimissioni in seguito alla nomina da lui oggi rese note e alle quali sembra che il ministero non abbia ancora dato cenno di riscontro. Per noi ancora più grave è l’incompatibilità nella sostanza. Perché il dott. Turrini Vita finora è stato a tutti gli effetti dall’altra parte del campo. Non discutiamo curriculum e competenze, ma la legge voleva evitare che fosse chiamato a svolgere funzioni di garanzie e controllo chi ha rapporti organici con l’autorità che esercita il potere, non voleva dunque che controllore e controllato coincidessero. La nostra preoccupazione è davvero molto elevata perché siamo di fronte ad un sistema carcerario al collasso con un sovraffollamento sempre più alto e condizioni di vita e di lavoro non dignitose, come testimoniano i suicidi tra i detenuti e anche tra gli agenti di polizia penitenziaria. Per questo chiediamo al Governo un supplemento di riflessione, non possono essere fatti passi falsi.
Così i deputati Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd e Federico Gianassi, capogruppo del Pd in commissione giustizia, intervenendo durante l’audizione del Dott. Turrini Vita alla Camera.
Il Partito Democratico critica apertamente la nomina di Riccardo Turrini Vita come Garante dei detenuti, evidenziando una “palese incompatibilità che la rende fuorilegge”. Secondo quanto dichiarato dalla responsabile nazionale giustizia del PD, Debora Serracchiani, insieme ai capigruppo delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Federico Gianassi e Alfredo Bazoli, e della commissione bicamerale Antimafia, Walter Verini, “la legge che istituisce la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale è molto chiara. Essa prevede che i membri siano scelti tra persone che non sono dipendenti delle pubbliche amministrazioni e che garantiscano indipendenza e competenza nelle discipline relative ai diritti umani. Non entriamo nel merito del curriculum e delle competenze di Turrini Vita – sottolineano i dem – ma il suo status di dipendente pubblico costituisce una palese violazione, configurando la scelta del ministro Nordio come un'azione contra legem che compromette la terzietà e l’indipendenza richiesta per un incarico così importante e delicato. Per questo faremo una interrogazione. Su terzietà, imparzialità e inopportunità della nomina, ci siamo già espressi”.
"Sulle carceri, ancora una volta, il Governo dimostra approssimazione e scarsa sensibilità. Oggi è stato nominato il nuovo Garante dei Detenuti, e ancora una volta lo ha fatto senza sentire il bisogno di coinvolgere il Parlamento - come avevamo chiesto - su criteri e direttrici alla base della nomina. Per questo chiediamo che al più presto il nuovo Garante venga in audizione alle Commissione Giustizia di Senato e Camera - passaggio obbligato prima del perfezionamento del DPR- per illustrare le idee e le linee guida che informeranno il suo mandato ed ascoltare i gruppi parlamentari.
Oltre a questo, pur non essendo in discussione la persona del Dott. Turrini Vita né il suo curriculum, desta perplessità il fatto che si tratti di un alto dirigente dello Stato e del Dicastero della Giustizia, mentre la caratteristica fondamentale di un Garante dei detenuti deve essere quella di una netta indipendenza dalla struttura di controllo, senza ambiguità e confusione di ruoli. C'è chi ipotizza incompatibilità o addirittura qualche dubbio di legittimità della nomina stessa. Ci auguriamo che Ministro e Governo abbiano fatto tutte le verifiche. La situazione delle carceri è talmente drammatica che non sono più tollerabili mancanza di interventi, provvedimenti vuoti, troppi errori di diverso segno"
Così i parlamentari PD Debora Serracchiani Responsabile Giustizia, Alfredo Bazoli e Federico Gianassi capigruppo Commissioni Giustizia di Senato e Camera e Walter Verini, capogruppo in Antimafia.
"Oggi l'Italia compie un altro, lunghissimo, passo verso la democratura. Perché questa è la conseguenza dell'approvazione alla Camera del ddl sicurezza, un pacchetto di misure liberticide e discriminatorie. Un provvedimento che punisce la protesta pacifica con norme come il reato di resistenza passiva, colpisce le libertà di manifestare di giovani, lavoratrici e lavoratori che rischiano da 6 mesi a 2 anni di prigione per un blocco stradale fatto con il proprio corpo. Il ddl sicurezza, in nome di un'ideologia oscurantista, danneggia l'intero comparto della cannabis light e mette in mezzo alla strada decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori che resteranno senza lavoro. Non è tutto: esclusivamente per punire le donne Rom, la norma porta in carcere le donne incinte e i bambini neonati. Una barbarie a sfondo razziale. E ancora, i rivenditori di SIM rischiano fino a 30 giorni di chiusura se ne vendono una ad uno straniero senza permesso di soggiorno. Come se tutto questo non bastasse, col parere favorevole del governo, la maggioranza ha anche approvato un ordine del giorno per istituire un tavolo tecnico che valuti l'introduzione della castrazione chimica in Italia, non solo riportando il Paese ai tempi delle punizioni corporali, ma negando la natura stessa dello stupro che non ha nulla a che vedere con l'impulso e il desiderio sessuale e molto con l'odio, il dominio e la sopraffazione.
Questa ultradestra è capace solo di reprime e perseguitare. Mentre le carceri letteralmente esplodono, governo e maggioranza inventano nuovi reati, aumentano le pene e puniscono perfino chi osa protestare pacificamente con metodi di resistenza passiva, incluso lo sciopero della fame.
Avrebbero messo in galera Ghandi e perfino Danilo Dolci e Aldo Capitini, i padri fondatori del pensiero non violento italiano.
Nessun impegno sulla prevenzione dei reati, nessun tentativo di alleggerire la situazione delle carceri. Per loro la sicurezza è questo: sempre più repressione, sempre meno diritti. E se protesti, finisci in galera". Lo dichiara Laura Boldrini deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
Il Governo ha paura delle critiche e comprime la libertà di rappresentanza
“La maggioranza di centrodestra, dopo mesi di stop nelle commissioni, approva il DL sicurezza che interviene pesantemente su materie sensibili, con norme pericolose per l’impatto che possono determinare nel nostro ordinamento giuridico, anche per le limitazioni che possono esplicare su talune libertà fondamentali, nel campo del diritto penale, del diritto dell’immigrazione e del diritto penitenziario.”
Con questa norma il centrodestra illude i cittadini che aumenterà la sicurezza grazie all’aumento delle pene di alcuni reati con aggravanti le più fantasiose e inapplicabili come quella per i reati effettuati nelle “vicinanze” delle stazioni, come fosse meno grave di un reato compiuto in un parco, che non avrà nessun effetto come non lo ha avuto l’aggravante dei reati nei confronti dei medici e dei sanitari di un anno fa, come dimostrano le cronache di questi giorni o quelle dei reati compiuti dai minori con l’effetto Caivano.
In realtà è solo un grande bluff, con la volontà di creare una illusione ottica, di minacciare pene più gravi inapplicabili e quindi inefficaci, per far passare invece le vere norme liberticide: quelle che impediscono le manifestazioni, che trasformano i blocchi stradali in reati penali, (pensate alle manifestazioni dei trattori in Lombardia o quelle dei pastori sardi sul prezzo del latte), che spingono verso le manifestazioni violente nelle carceri, rendendola uguale alla non violenza e rendono possibile l’incarcerazione di mamme con bambini.
Si è deciso infatti di fare una norma ad hoc per una situazione che riguarda una decina di detenute madri con figli minori di un anno o incinte, per stabilire che non è più obbligatorio bensì facoltativo, il rinvio dell’esecuzione della pena (art. 15), violando così il bene superiore del minore e il suo diritto a nascere e vivere fuori dal carcere.
Per non parlare della distruzione della filiera della Canapa indiana che sarà, per i suoi utilizzi industriali e farmaceutici, importata dai paesi della Ue, nel furore ideologico del tutto sconnesso dalla realtà: aziende che producevano materie prime senza thc trasformate in produttori di sostanze da dipendenza.
Insomma è il decreto manifesto (per noi incostituzionale) di un governo che teme il dissenso e comprime la libertà di critica e di rappresentanza.” Così il deputato sardo del PD Silvio Lai.