Istituzioni

Referendum propositivo: No a una riforma sbagliata

21/02/2019

ABBIAMO VOTATO CONTRO UNA RIFORMA SBAGLIATA

 

In queste settimane abbiamo proposto emendamenti per cambiare una riforma sbagliata. Come abbiamo sempre detto, sia in commissione che in Aula, non siamo contrari al principio del referendum propositivo, ma questa proposta di 5Stelle e Lega non vuole migliorare il lavoro del Parlamento: punta a scavalcarlo, a rendere il suo lavoro più complicato fino a bloccarlo. Rischia di distruggere la democrazia rappresentativa e questo non possiamo permetterlo. Si è voluto addirittura prevedere la possibilità di inserire nuove fattispecie penali attraverso il referendum, con tutti i rischi facilmente prevedibili. È folle.

Per il bene del Paese e delle istituzioni abbiamo confermato di essere sempre pronti al confronto nel merito, ma questa riforma è sbagliata e per questo abbiamo votato NO.

 

 

 

Aggiornamento al 1° febbraio 2019

REFERENDUM COSTITUTIVO: I DUBBI RESTANO

 

Rischio di conflitto istituzionale

L’istituto referendario, così come configurato anche in questa proposta di riforma costituzionale, è una tecnica decisionale a somma zero, nella quale non è strutturalmente possibile avviare un confronto e consentire ai cittadini, direttamente o per il tramite dei loro rappresentanti, di persuadersi a vicenda e alla fine di apportare una qualche modifica o integrazione al testo predisposto dai promotori.

Il referendum di cui stiamo discutendo è configurato come una fonte alternativa alla legge che può intervenire su qualsiasi materia: tutto ciò che può essere deciso dal Parlamento, attraverso il procedimento di formazione della legge, voi state proponendo che possa essere deciso “direttamente” dai cittadini, attraverso il procedimento referendario. Come appare evidente non siamo di fronte ad alcuna forma di stimolo o di correttivo puntuale alla democrazia rappresentativa. Siamo di fronte a un istituto di produzione del diritto del tutto nuovo che rischia di entrare in conflitto con le istituzioni della democrazia rappresentativa e alla fine di sostituirsi ad esse.

Alla luce di queste considerazioni e di queste preoccupazioni abbiamo proposto i nostri emendamenti.

Emendamenti per cercare di superare il su descritto carattere di autonomia e di alternatività del referendum, garantendo al Parlamento l’ultima e decisiva parola su ogni proposta popolare.

Emendamenti per circoscrivere l’ambito di operatività del referendum, escludendo l’ammissibilità su alcune materie particolarmente complesse e delicate.

Emendamenti per mitigare il rischio di una progressiva extraparlamentarizzazione dei processi di produzione del diritto, introducendo limiti numerici alla sottoscrizione delle proposte da parte dei cittadini, e limiti numerici alla trattazione e al deposito di quesiti referendari.

Se abbiamo a cuore la democrazia e il pluralismo, se vogliamo cercare di aumentare la partecipazione politica e ridurre la distanza tra il popolo e le sue istituzioni democratiche smettiamola intanto di descrivere i rappresentanti come casta, diamo riconoscimento e pregio sociale a chi, per molti o per alcuni anni, vive di politica, a chi milita in un partito, a chi siede in un consiglio comunale e a chi amministra una città o una regione.

 

 

aggiornamento al 17 gennaio 2019

 

VOLEVANO UN REFERENDUM PER COLPIRE LA DEMOCRAZIA

LI ABBIAMO FERMATI

 

CLAMOROSA RETROMARCIA DEI 5 STELLE

In Aula abbiamo combattuto contro un provvedimento sbagliato e pericoloso. Abbiamo sottolineato i rischi per la nostra democrazia. Quella della maggiornaza sul referendum propositivo era una proposta che non condividevamo nella maniera più assoluta, che abbiamo avversato. Nella seconda parte, ci sono le osservazioni critiche che abbiamo esposto fuori e dentro al Parlamento. 

Le nostre proposte sono state ascoltate e accolte. Il linea di principio non siamo contrari al referendum propositivo, eravamo contrari alla proposta della maggioranza così come era stata formulata. Continueremo a vigilare lungo il cammino.

Per noi la logica della democrazia diretta può integrare e anche correggere, per rafforzarla, la democrazia rappresentativa ma non può in alcun modo surrogarla o puntare a soppiantarla.

 

ECCO LE CRITICHE AL PRECEDENTE TESTO

 

5 STELLE E LEGA VOGLIONO DISTRUGGERE LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE

 

Un provvedimento che per i suoi contenuti e per la rigidità dei meccanismi che introduce "sembra non a caso far parte di un complessivo progetto di superamento o ridimensionamento della democrazia di natura rappresentativa".

Queste sono le parole pronunciate dal professor Carlo Fusaro in commissione Affari costituzionali commentando la proposta di modifica dell’articolo 71 della Costituzione voluta da 5 Stelle e Lega.

Per noi la logica della democrazia diretta può integrare e anche correggere, per rafforzarla, la democrazia rappresentativa ma non può in alcun modo surrogarla o puntare a soppiantarla. Un’idea, questa, che è invece chiaramente radicata all’interno del Movimento 5 Stelle.

 

IL PARTITO DEMOCRATICO E' FORTEMENTE CONTRARIO A QUESTA PSEUDO RIFORMA

 

Per due ragioni prinicpali: 

L’ASSENZA DI VERI LIMITI DI MATERIA, UN SERIO PROBLEMA

Fermi restando i parametri di ammissibilità dell’eventuale referendum, come già accennato questa riforma di modifica costituzionale non pone veri limiti di materia per l’iniziativa legislativa “rinforzata” e per il testo oggetto di votazione referendaria.

Questo avviene a differenza di quanto accade per il referendum abrogativo, perché l’articolo 75 della Costituzione stabilisce che non ne è ammesso lo svolgimento per le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e indulto e per quelle che autorizzano la ratifica di trattati internazionali.

Il primo serio problema, allora, è rappresentato dal fatto che se ad uno strumento più debole, il referendum abrogativo, se ne aggiunge uno più forte come quello propositivo, volendo davvero mantenere la logica dell’integrazione tra democrazia diretta e rappresentativa i limiti dovrebbero essere almeno gli stessi, se non più incisivi. E così invece non è.

Il secondo problema, ancora più grave, è che oggetto dell’iniziativa legislativa popolare e dell’eventuale referendum potranno essere anche materie estremamente delicate e a forte rischio di deriva populista come le leggi di spesa e la legislazione penale e di procedura penale.

Altro punto da non trascurare è che non è previsto un numero massimo – ad esempio annuo – di proposte di legge che possono essere presentate con tale procedura, con il rischio che le Camere si ritrovino ad essere bloccate nella loro attività.

 

LA SCELTA PIÙ GRAVE: CONTRAPPORRE PARLAMENTO E POPOLO

Il caso in cui entro il termine dei 18 mesi le Camere approvino la proposta di legge di iniziativa popolare in un testo diverso, anche di pochissimo, da quello presentato dai promotori e si vada dunque alla consultazione referendaria, apre un problema molto grave.  

Intanto, c’è da dire subito che il già descritto meccanismo di voto è estremamente farraginoso e pressoché incomprensibile, e soggetto per questo a forti rischi di illegittimità. In pratica per ogni questione si tratterebbe di scegliere contestualmente tra progetto popolare e status quo e tra controprogetto parlamentare e status quo, dopo di che se in entrambi i casi risultassero vincitori i “sì” coloro che si sono espressi in questo senso in tutti e due i quesiti dovrebbero indicare quale preferiscono. Un vero rompicapo.

L’aspetto più pericoloso, però, è rappresentato dal fatto che in questo caso, in cui appunto le Camere legiferano sulla materia e i proponenti decidono di non ritirare comunque la loro proposta – nel caso del referendum abrogativo è un organo terzo, la Corte di Cassazione, che decide se il referendum si fa lo stesso o no, qui invece è il comitato promotore stesso – la consultazione diventa un vero e proprio “ballottaggio” tra il testo di derivazione popolare e quello approvato dal Parlamento.

Si mettono dunque in contrapposizione la volontà popolare e il Parlamento, ponendosi chiaramente in una logica non di complementarietà, ma di alternatività tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, con uno scardinamento dei principi su cui questa si basa.

Inoltre, in caso di “vittoria” del progetto popolare su quello parlamentare, ci si troverebbe di fronte ad un atto di sfiducia nei confronti del Parlamento. Una delegittimazione che potrebbe portare alla necessità di nuove elezioni e ad uno stato di instabilità politica che – considerando anche l’assenza di un limite massimo di proposte di legge di iniziativa popolare “rinforzata” – rischierebbe in pratica di diventare permanente.

Proprio da questo punto di vista il riferimento che a volte viene fatto, da parte di esponenti della maggioranza, ad esperienze come quelle della Svizzera e degli Stati Uniti – in particolare della California – è impreciso e fuorviante, perché non si considera a sufficienza come lì gli istituti di democrazia diretta, si inseriscano in un ordinamento costituzionale in cui gli organi elettivi hanno un mandato fisso e non possono essere sciolti anticipatamente. Nessun possibile effetto delegittimante e destabilizzante, dunque, a differenza di quanto accadrebbe da noi.

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