"Le immagini circolate in queste ore, che ritraggono un agente in servizio durante la manifestazione pro Palestina di sabato scorso a Milano con indosso capi d’abbigliamento riportanti simboli riconducibili a gruppi dell’estrema destra, destano profonda preoccupazione. Com’è possibile che appartenenti alle forze dell’ordine si presentino in servizio con abiti che richiamano ideologie neonaziste?
È un fatto gravissimo che non può essere sottovalutato dal Ministro dell’Interno Piantedosi e su cui si deve arrivare a chiarire ogni aspetto dell'accaduto e assumendo, se necessario, i provvedimenti del caso". Lo dichiara in una nota Matteo Mauri, deputato del Partito Democratico e responsabile nazionale Sicurezza del PD.
"Fa rabbrividire dover vedere certi simboli di organizzazioni ultra-nazionaliste sotto la scritta "Polizia" che campeggia sul casco d'ordinanza. Soprattutto perchè ci si aspetta dai rappresentanti delle Forze dell'Ordine - per il ruolo importante e delicatissimo che ricoprono - una condotta sempre al di sopra di ogni sospetto di parte.
Chiediamo perciò con forza che il Ministro Piantedosi riferisca in tempi rapidissimi di fronte al Parlamento e all'opinione pubblica sull'esito dell'istruttoria interna che la Polizia di Stato sta certamente conducendo".
mau“Il ransomware non è solamente una questione tecnica, ma è sempre di più una questione di sicurezza nazionale e di tutela economica delle nostre imprese e Pa. Serve dunque una risposta strategica e nazionale da parte del nostro Governo e delle istituzioni tutte”. Lo ha detto Matteo Mauri, deputato Pd e responsabile nazionale Sicurezza, ospite di “Progress” su Sky.
“Apprezzo la disponibilità e l'interesse della maggioranza, annunciato oggi dall'On. Mollicone, verso la nostra proposta, che è strategica e va a colmare un vuoto normativo in fatto di Cybersicurezza.
Non dimentichiamo - ha aggiunto Mauri - che l’Italia è il terzo Paese dell’Unione Europea e il sesto del mondo per numero di attacchi Ransomware e che dall’inizio del 2025 già due aziende sono state costrette a richiedere la Cig a causa del ransomware”.
“Con la nostra proposta introduciamo dei punti chiave fra cui il divieto di pagamento del riscatto per i soggetti del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e proponiamo un piano nazionale di azione e di supporto a imprese e Pubblica amministrazione.
Disincentivare il mercato del ransomware e rendere la vita difficile ai cybercriminali è fondamentale anche perché quei soldi vengono spesso usati per destabilizzare i sistemi democratici o per finalità di terrorismo".
"Pagare il riscatto non può essere perciò la soluzione. Lo Stato deve essere la rete di sicurezza che aiuta chi denuncia, non chi cede ai riscatti. Chi collabora, va sostenuto. Chi tace, va sanzionato”, ha concluso Mauri.
“È assurdo e profondamente sbagliato trasformare il disegno di legge Sicurezza in un Decreto Legge. Il governo, ancora una volta, sfregia il lavoro parlamentare e lo fa nel silenzio assordante della maggioranza, incapace di prendere parola o responsabilità. Siamo al trasformismo più spudorato, un vero e proprio gioco delle tre carte. Un esercizio di illusionismo politico che umilia le istituzioni e prende in giro i cittadini. Dopo essere stati costretti a far togliere alcune norme contro cui abbiamo condotto un'opposizione durissima – sia alla Camera che al Senato – e su cui, durante l’esame parlamentare e le audizioni, erano emerse evidenti criticità, ora il governo è costretto a correggerle. Ma lo fa con la scusa di un nuovo Decreto, introducendo misure che non hanno nulla di urgente. Nessuna emergenza, nessuna giustificazione per l’uso dello strumento straordinario del Decreto Legge. E lo dimostra lo stesso governo: quelle misure erano pronte da novembre 2023. Sono passati più di 16 mesi. Dov’è l’urgenza? La verità è che si cerca di introdurre misure contro il dissenso proprio in un momento in cui cresce la protesta, aumentano le preoccupazioni e l'incertezza economica. In un tempo in cui la destra dei falsi patrioti ha gettato nella crisi le economie mondiali, si cerca di soffocare le voci critiche. Il Parlamento viene svuotato, i diritti compressi, il dissenso criminalizzato. Ma noi non ci stiamo. Continueremo a dare battaglia, nelle aule e nelle piazze, contro un governo che ha perso ogni senso del limite democratico.”
Così il responsabile sicurezza del Pd, il deputato democratico Matteo Mauri.
"Ancora una volta il governo e la maggioranza dimostrano di non essere all’altezza delle sfide che il comparto della sicurezza impone. Il provvedimento in discussione si rivela del tutto insufficiente e privo di una visione strategica. È così povero di contenuti che risulta difficile persino votare contro. Ma proprio per questo è altrettanto complicato votare a favore". Lo ha detto in Aula alla Camera il deputato Matteo Mauri, responsabile nazionale sicurezza del Partito Democratico, annunciando il voto di astensione del Gruppo dem al ddl sull’organizzazione e funzionamento delle Forze di polizia, delle Forze armate e dei Vigili del fuoco.
"Abbiamo assistito – ha aggiunto l’esponente Pd - all’ennesima occasione persa: ogni volta che questa maggioranza affronta il tema delle forze dell’ordine, lo fa in modo demagogico, con aumenti di pene e nuovi reati, oppure non fa nulla. Qui siamo di fronte a un provvedimento che non risponde alle reali esigenze di chi ogni giorno garantisce la sicurezza del Paese. Eppure, stiamo parlando di corpi dello Stato che sono riconosciuti come eccellenze a livello internazionale, come dimostrano le operazioni delle nostre forze dell’ordine nei teatri esteri e gli interventi dei Vigili del Fuoco nelle emergenze globali."
"Questi professionisti – ha concluso Mauri - meritano molto di più. Meritano un investimento concreto in termini di risorse economiche, stipendi adeguati e politiche abitative per gli operatori della sicurezza, spesso costretti a lavorare in città con costi della vita insostenibili. E invece cosa fa questo governo? Nulla di tutto ciò. Addirittura, riduce i tempi di formazione per commissari e vicecommissari, rischiando di compromettere la qualità della preparazione e, di conseguenza, la sicurezza di tutti. Se il governo vuole davvero investire nella sicurezza e nel benessere degli operatori, smetta con le misure di facciata e cominci a lavorare seriamente per garantire organici adeguati, stipendi equi e una formazione di qualità. Ma temo che non siano le persone giuste per farlo".
"Ancora una volta il Governo mente sui centri in Albania. Non è vero che il trasferimento dei migranti nel CPR in Albania non comporterà costi aggiuntivi. La realtà è infatti ben diversa da come la descrive il ministro dell’Interno". Così in una nota il responsabile sicurezza del Pd, il deputato democratico Matteo Mauri, che spiega: "i costi saranno rilevanti perché occorrerà prevedere risorse per il trasferimento delle persone trattenute nei Cpr italiani verso l'Albania. Non si tratta di un semplice trasferimento, ma di operazioni complesse dal punto di vista logistico e che richiederanno personale e mezzi ad hoc. Inoltre, come avviene per i rimpatri veri e propri, sarà necessaria la scorta della Polizia di Stato, con un impiego significativo di agenti e mezzi. La stessa scorta che poi sarà necessaria per il rimpatrio vero e proprio verso il Paese d'origine. Il risultato è un raddoppio secco dei costi.
Non solo: chi non sarà rimpatriato entro i tempi massimi di trattenimento dovrà essere riportato in Italia, aumentando ancora di più le spese di trasferimento. E tutto questo per una struttura che, a detta dello stesso Piantedosi, può ospitare solo 49 persone. Numeri del tutto irrilevanti. Più che un intervento risolutivo, questa operazione appare come una mossa di facciata per coprire un enorme spreco di risorse pubbliche. Ma la pezza è peggio del buco, perché i costi continueranno ad aumentare. E a pagarli saranno gli italiani."
“I dati sono inequivocabili: l’Italia è costantemente sotto attacco nel cyberspazio e il governo continua a ignorare un’emergenza nazionale che sta mettendo in ginocchio imprese, pubbliche amministrazioni e cittadini. Non servono altri allarmi: serve agire subito”.
Lo dichiara Matteo Mauri, deputato del Partito Democratico e responsabile nazionale Sicurezza del partito, commentando i dati pubblicati dal nuovo Cyber Index 2024 di Confindustria e dal rapporto aggiornato di febbraio dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN).
“Secondo il Cyber Index, l’85% delle PMI italiane non è consapevole dei rischi cyber. Parliamo della spina dorsale del nostro sistema economico, completamente esposta a una minaccia crescente. Il rapporto ACN di febbraio conferma che il ransomware è oggi il principale pericolo cyber, tenuto conto anche che negli ultimi 12 mesi, si sono verificati oltre 150 attacchi ransomware pubblicamente noti nel nostro Paese. E che solo nei primi mesi del 2025 ben due aziende italiane sono già state costrette alla cassa integrazione a causa di attacchi informatici. I ransomware sono una vera emergenza nazionale.”
“In questo quadro, il Governo Meloni è rimasto fermo, ignorando ripetuti allarmi e bloccando in Commissione una nostra proposta concreta per rafforzare la resilienza cibernetica del sistema Paese. È inaccettabile. Non basta parlare di cybersicurezza nei convegni o rilasciare dichiarazioni preoccupate: è il momento di passare ai fatti.”
“Per questo abbiamo depositato una Proposta di Legge organica contro gli attacchi ransomware, che contiene misure puntuali per: rafforzare la prevenzione, sostenere chi viene colpito e interrompere i flussi di denaro verso gruppi criminali e potenze ostili.”
“Se il governo dimostrerà interesse ci troverà pronti a discuterne senza pregiudizi. Ma non si può più perdere tempo. Ogni giorno di ritardo significa nuovi ricatti, nuove perdite economiche e nuovi rischi per la nostra democrazia. La cybersicurezza non è più solo un tema tecnico: è una priorità nazionale”.
Così in una nota Matteo Mauri, deputato del Partito Democratico e responsabile nazionale per la sicurezza.
“Gheniwa, è il nome con cui è conosciuto il capo delle milizie libiche Al-Kikli, e, secondo quanto apprendiamo da fonti di stampa e dall’organizzazione 'Refugees in Libya' è sbarcato in Italia. Ci chiediamo quindi cosa ci faccia nel nostro paese un torturatore, responsabile secondo il dipartimento di Stato Usa di crimini contro l'umanità nelle prigioni di Ayn Zarah e Abu Salim e sotto accusa per oltre 500 casi di stupri, omicidi e abusi”. Così in una nota il deputato dem Matteo Mauri, responsabile Sicurezza del PD, per chiedere al governo di riferire sulla presenza di Al-Kikli in Italia. “È urgente che la presidente Meloni chiarisca la presenza di un criminale sul nostro territorio nazionale anche perché è già la seconda volta che si verifica dopo la finale del campionato di calcio libico disputata in Italia lo scorso luglio”, conclude Mauri.
“La vergogna dei centri per migranti in Albania si arricchisce giorno dopo giorno di altre perle. Non solo violano le leggi e le convenzioni internazionali; non solo sono uno sperpero ingente di risorse dei contribuenti; non solo restano sostanzialmente chiusi o tramutati in canili; oggi scopriamo, grazie ad una denuncia del sindacato Silp-Cgil, che i poliziotti italiani impegnati nella vigilanza non ricevono neanche il giusto compenso per la loro attività. Ritardi sui pagamenti degli straordinari, ma anche sulle altre voci della busta paga. Per il trattamento di missione all'estero, ad esempio, hanno ricevuto solo un acconto dall’agosto 2024 e nulla più. Si tratta di un trattamento inaccettabile per un personale che si è trovato senza colpa anche al centro di polemiche mediatiche proprio per la condizione di sostanziale inutilità della presenza in Albania. Il governo intervenga subito per mettere fine a questa doppia beffa e, soprattutto, faccia marcia indietro su un’operazione inutile, costosa e disumana”.
Così il deputato democratico, Matteo Mauri, responsabile Sicurezza del Partito Democratico.
“La Presidente del Consiglio ha detto ai Prefetti e ai Questori che è finito il tempo del lassismo e di uno Stato che si volta dall’altra parte davanti a mafie e criminalità.
È inaccettabile che lo dica, perché così mortifica il lavoro e il sacrificio di tante donne e tanti uomini che si sono battuti nel passato con coraggio e valore contro ogni tipo di criminalità.
Ed è inaccettabile che lo dica proprio a Prefetti e Questori, che rappresentano ogni giorno lo Stato nelle istituzioni e sul territorio. E che sanno bene che la Repubblica Italiana non è nata con questa legislatura.”
Lo dichiara il responsabile nazionale sicurezza del Pd, il deputato Matteo Mauri, che conclude dicendo che "La Presidente Meloni pensa che prima di lei ci fosse il deserto. Vogliamo sperare che il prossimo passo non sia quello di iniziare a contare gli anni in numeri romani da quando è al governo”.
“Le dichiarazioni di Matteo Salvini sul caso Paragon sollevano interrogativi preoccupanti, soprattutto quando il Vicepremier suggerisce che ci siano in atto “regolamenti di conti all'interno dei servizi di intelligence”.
"Una simile affermazione, che lascia intendere scenari di scontri interni tra apparati dello Stato - e che mette in cattiva luce i nostri apparati di intelligence - è di una gravità estrema e richiede immediata chiarezza da parte dello stesso Salvini. Lo pretendiamo da lui e dal sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano in qualità di Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica". Lo afferma Matteo Mauri, responsabile Sicurezza per il Partito Democratico.
Salvini afferma inoltre di non sapere nulla, di non aver visto nulla e di non poter dire nulla sull'uso dello Spyware "Paragon". Una strategia delle "tre scimmiette" assolutamente inaccettabile per il Partito Democratico, soprattutto quando si tratta di temi che toccano la sicurezza nazionale e la tutela dei diritti fondamentali”. Per questo diversi parlamentari del PD hanno depositato interrogazioni affinché il Governo chiarisca al più presto.
In un momento in cui emergono preoccupazioni sulla sicurezza e sulla libertà di stampa, Salvini non può permettersi di dire che chiederà informazioni - non si capisce a che titolo - a qualche suo amico israeliano, e tutta l'Italia ha diritto di sapere sono stati rispettati i limiti imposti dalla legge e le garanzie previste per la tutela dei cittadini, e quali provvedimenti intende adottare l’esecutivo per evitare derive pericolose.
Così in una nota l'On. Matteo Mauri del Partito Democratico.
“Il governo parla di cybersicurezza come 'tema centrale', ma nei fatti continua a muoversi senza visione, senza trasparenza e senza un piano concreto. È il solito schema: generare allarmismo senza affrontare il problema alla radice”. Così il deputato dem Matteo Mauri commentando le dichiarazioni del sottosegretario Barachini sulla centralità della cybersicurezza da parte del governo.
“Sin dall’inizio di questo governo – continua il responsabile nazionale per il tema sicurezza del Pd - denunciamo la vulnerabilità dei sistemi italiani, l’inefficienza delle strutture tecniche a presidio della cybersicurezza, come l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, e la mancanza di una vera e concreta strategia industriale per la sicurezza digitale e delle informazioni. Si paventano solo slogan politici e timori fumosi su software di dubbia provenienza, ma senza fornire alcuna azione precisa e concreta”.
“Quali strumenti stanno realmente adottando per proteggere aziende, pubbliche amministrazioni e giornalisti? Esiste un piano per ridurre la dipendenza dell’Italia da tecnologie straniere considerate a rischio? Perché i dettagli vengono sempre classificati come ‘riservati’, senza un coinvolgimento del Parlamento? Il governo risponda subito a queste domande, perché non basta evocare il pericolo ma servono azioni concrete: investimenti in sicurezza nazionale, maggiore trasparenza e un chiaro piano di sovranità digitale”, conclude Mauri.
In 24h dal governo due ricostruzioni contrastanti
"Il Ministro Piantedosi sta prendendo in giro gli italiani. E lo fa senza ritegno dall'Aula del Parlamento. Perché non può che essere una grave presa in giro dire che hanno rimpatriato un ricercato dalla Corte penale internazionale con un aereo di Stato per in problema di sicurezza. Sarebbe più corretto dire che hanno organizzato la fuga dalla Corte Penale di un criminale e torturatore che fa affari con i trafficanti di uomini.
Siamo di fronte a ricostruzioni improbabili che gridano vendetta. L'unica verità è quella che il Governo non sta dicendo.
Per questo, chiediamo che sia la presidente del Consiglio Meloni a fare chiarezza in Parlamento su quanto è realmente accaduto. Ad oggi, abbiamo due ministri, Nordio e Piantedosi, che in appena 24 ore hanno fornito ricostruzioni contrastanti e fantasiose, incapaci di spiegare cosa sia successo davvero."
Così in una nota il responsabile nazionale sicurezza del Pd, il deputato democratico, Matteo Mauri.
“Non è accettabile in una democrazia che sia previsto uno scudo giudiziario ad hoc per chi detiene il diritto all'uso legittimo della forza” così il deputato democratico, responsabile nazionale sicurezza del Pd, Matteo Mauri che sottolinea: “Inserire nel registro degli indagati chi ha usato un'arma da fuoco è semplicemente un atto dovuto, e non significa assolutamente essere considerati colpevoli. Ogni cittadino, compresi i lavoratori delle forze dell'ordine, è considerato non colpevole fino a prova contraria”.
“Noi - aggiunge Mauri - rispettiamo sempre il lavoro e il sacrificio delle forze dell’ordine, che operano spesso in condizioni estremamente difficili e rischiano la propria vita per garantire la sicurezza di tutti. Nella stragrande maggioranza dei casi gli agenti di polizia usano le armi solo se costretti, lo fanno in modo adeguato, proporzionato e nel pieno rispetto delle procedure. Ma per appurarlo, anche nel loro interesse, serve un soggetto terzo, e cioè la Magistratura. Che può tranquillamente archiviare in poco tempo la posizione dell'agente. Inserendo nel codice anche la semplice possibilità di escludere qualcuno da questa procedura si correrebbe il rischio di applicare interpretazioni diverse per casi del tutto simili. Quello sì che potrebbe essere letto come un indizio di probabile colpevolezza. E non sarebbe un vantaggio per nessuno. Pensare che ci possano essere delle scorciatoie per alcune categorie o che qualcuno possa essere considerato al di sopra della legge in caso di conflitti a fuoco è un errore da evitare, nell'interesse di tutti. Il governo faccia marcia indietro. La smetta di sfruttare ogni occasione per fare propaganda e alimentare irresponsabilmente il conflitto”, conclude Mauri.
Abbiamo presentato questo ordine del giorno per mettere un freno all'ipocrisia del governo e della maggioranza sul tema della sicurezza e per provare anche ad evitare un danno grave perché dentro la legge di bilancio era previsto il taglio del 25% del turnover per molte categorie tra cui quella del comparto sicurezza. Un'assurdità soprattutto se guardiamo agli interessi del Paese ma anche vista la propaganda che quotidianamente il governo fa proprio sul tema della sicurezza. È facile dimostrarsi vicino alle forze dell'ordine a parole senza però mai mettere mano al portafoglio. Poi la maggioranza forse si è fatta qualche conto e sulla base di spinte anche interne ha visto bene di ritornare al 100% per quest'anno per riparlare di tagli nel 2026. Qui noi diciamo no: le forze dell'ordine non si toccano, non solo non si possono ridurre ma si devono aumentare. Noi abbiamo bisogno di forze di polizia qualificate e in numero più consistente e quelle forze dell'ordine hanno bisogno di essere trattate con dignità. Mentre non è dignitoso il fatto che nel rinnovo del contratto si sia messo un aumento ridicolo che non copre nemmeno un terzo dell'inflazione di questi anni. Bisogna essere seri e responsabili perché qui c'è in gioco un pezzo importante della sicurezza degli italiani.
Così il deputato Matteo Mauri, responsabile nazionale Sicurezza del Partito democratico.
“La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha poco da festeggiare riguardo al rinnovo del contratto per il personale del comparto Sicurezza e Difesa. Ma soprattutto hanno poco da festeggiare le lavoratrici e i lavoratori.
Il nuovo contratto è arrivato in grave ritardo e non copre nemmeno l’aumento del costo della vita di questi ultimi anni.
Numeri alla mano il contratto prevede un mini-incremento del 5,78%, cioè a malapena 1/3 dell'inflazione dello stesso periodo.
In pratica i salari delle Forze di Polizia hanno subito perdita netta del potere di acquisto del -10%. Altro che aumenti!
Questo significa che, nonostante le dichiarazioni entusiastiche del Governo, le forze dell'ordine si ritroveranno ad affrontare un ulteriore impoverimento, con ripercussioni sulle loro famiglie. Oltre al fatto che non c'è stato alcun aumento nella retribuzione delle ore di straordinario.
L'ennesima dimostrazione che questo Governo è bravo solo a dare fiato alla propaganda quando parla di sicurezza, ma non a mettere mano al portafoglio per chi la garantisce con grandi sacrifici ogni giorno.
Così in una nota il responsabile sicurezza del Pd, il deputato Matteo Mauri.