"La boutade del Ministro dell’Istruzione sul reddito di cittadinanza da togliere a chi non ha il diploma è assurda ma è anche sintomo di un atteggiamento punitivo verso chi ha più difficoltà. Alla guida di un dicastero che dovrebbe avere l’assillo di includere, di aiutare chi non riesce, di rimuovere le difficoltà che lasciano indietro, c'è chi sceglie -invece- di proporre di escludere. È un modello che ci preoccupa e che combatteremo". Lo dichiara in una nota la capogruppo Pd in commissione Cultura, Irene Manzi
“Mentre celebriamo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, il nostro pensiero va alle donne iraniane che con coraggio stanno rischiando la vita e ci ricordano che la lotta per i diritti delle donne corrisponde alla lotta per la libertà di tutti gli esseri umani.
Nonostante i molti sforzi messi in atto, non possiamo però ancora oggi apprezzare una riduzione dei casi di violenza sulle donne. Alla base di questi, come ci dimostra la cronaca quotidiana, c’è il permanere di un fondamento culturale che vede l’uomo in posizione dominante.
Guardando al passato, dobbiamo ricordare, per esempio, i casi di ragazze come Simonetta Cesaroni, Emanuela Orlandi, Mirella Gregori. Casi su cui abbiamo chiesto una commissione di inchiesta perché legate a risvolti profondi e oscuri nella storia della nostra Repubblica.
Il tema di questa Giornata ci chiama alla compattezza. Per questo abbiamo lavorato per giungere all’approvazione di una mozione unitaria e siamo dispiaciuti per il fatto che, nonostante i nostri sforzi, non è stato possibile giungere ad approvare un testo di tutta la Camera per la irremovibile distinzione di un Gruppo. La lotta contro la violenza sulle donne non deve conoscere divisione.
Nell’ultimo decennio abbiamo compiuto un ampio sforzo per togliere il brodo di cultura della violenza che prospera anche grazie al gender gap: un passo avanti si può ottenere grazie alla parità salariale e anche il Pnrr è una grande occasione per intervenire sulle diseguaglianze che colpiscono le donne.
Come Pd siamo stati protagonisti delle battaglie contro la violenza sulle donne e intendiamo rafforzare il nostro impegno richiamando le parole di una grande personaggio come Ghandi che diceva: ‘Se la non violenza è il futuro della nostra esistenza e la via della salvezza dell’umanità, allora il nostro futuro è con la donna”.
Lo ha detto, fra le altre cose, nella sua dichiarazione di voto in Aula alla Camera il deputato democratico Roberto Morassut.
Riattivare Comitato Tecnico faunistico venatorio
“L’allarme per i fatti di cronaca e gli accadimenti drammatici che hanno riguardato persone e territori a causa dell’abnorme presenza di cinghiali devono meritare l’assunzione da parte del governo di attenzione e decisioni rapide e risolutive, anche attraverso atti normativi immediati, poiché solo nell’ultimo anno si sono contate 13 vittime e 261 feriti gravi. In dieci anni il numero degli incidenti gravi con morti e feriti causati da cinghiali e altri animali selvatici è praticamente raddoppiato (+81%) sulle strade provinciali”.
Così il capogruppo dem in commissione Agricoltura, Stefano Vaccari, nel corso del Question time alla Camera replicando al ministro Francesco Lollobrigida.
“Un allarme aggravato dal fatto - ha aggiunto il deputato del Pd - che i cinghiali in diverse regioni sono stati colpiti dalla peste suina, altamente contagiosa. Dunque, occorre agire con immediatezza. Tutti gli assessori regionali all’Agricoltura hanno chiesto lo sblocco del decreto interministeriale di competenza di Mite e ministeri della Salute e dell'Agricoltura, approvato due mesi fa in conferenza delle regioni, del quale però non si è più saputo nulla. Prevedeva l’ampliamento del periodo di prelievo del cinghiale e la possibilità da parte delle regioni di effettuare piani di controllo e selezione. Se vogliamo parlare di transizione ecologica non possiamo non considerare biodiversità e tutela e gestione della fauna selvatica. Per questo è importante riattivare il Comitato Tecnico faunistico venatorio, luogo di incontro tra portatori di interesse, ricerca scientifica e istituzioni a tutti i livelli. In quella sede si possono esaminare criticità, risultati e proposte per il Legislatore. E’ in quella sede - ha concluso Stefano Vaccari - che la legge 394 su fauna e parchi e 157 sulla caccia debbono trovare un anello di congiunzione e di verifica”.
“Il Reddito di Cittadinanza è una misura di politica attiva e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale. Gli attacchi a questa misura da parte del governo di centrodestra sono sempre più aggressivi e insistenti ed a farne le spese per primi sono migliaia di giovani tra cui i cosiddetti “care leavers” ovvero i ragazzi e le ragazze che, divenuti maggiorenni, escono dalle strutture che li hanno presi in carico e provano un faticoso percorso di autonomia.
In un messaggio dell'Inps, del 14 ottobre 2022, si legge che “in esito alle verifiche centralizzate svolte dalla Direzione Centrale Antifrode d’intesa con la Direzione scrivente, è emerso uno specifico rischio di frode in relazione alle dichiarazioni contenute in DSU da parte di soggetti maggiorenni, di età inferiore ai 26 anni, ai fini del riconoscimento del Rdc come nuclei monocomponenti”. In più in base alla legge 26/2019, “il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare dei genitori quando è di età inferiore a 26 anni, è nella condizione di essere a loro carico a fini IRPEF, non è coniugato e non ha figli”. Sulla base di questa norma, afferma l'Inps, “in presenza delle condizioni indicate” è impossibile, per il richiedente del Rdc, costituire un nucleo familiare a sé. Eppure, “è stato individuato un insieme di percettori RdC che hanno dichiarato un nucleo familiare monocomponente e di trovarsi quindi nelle seguenti condizioni: essere maggiorenni, di età inferiore ai 26 anni; non essere conviventi con i propri genitori; non essere coniugati; non avere figli”. Ma sulla base delle informazioni fornite al sistema ISEE da Agenzia delle Entrate, “risulta che i medesimi percettori non dispongono di un reddito familiare superiore ai 4.000 euro (per i soggetti maggiorenni di età inferiore ai 24 anni), o superiore ai 2.840,51 euro (per i soggetti tra i 24 e i 26 anni)”.
Di fatto, in presenza di queste condizioni, non si ha diritto al dispositivo di Reddito di cittadinanza. Tanto che l'Inps ha ordinato che “si procederà a partire dalla rata del mese corrente a sospendere a livello centrale l’erogazione della prestazione. Questo è inaccettabile per ragazzi che hanno vissuto anche per molti anni in casa famiglia. Parliamo di ragazzi di 18 anni, che per legge devono uscire dalle strutture e si ritrovano soli e senza un supporto. Sono giovani che andrebbero sostenuti e accompagnati in questo percorso e invece sono proprio loro, ingiustamente, i primi colpiti da questo provvedimento. Abbiamo presentato un’interrogazione al governo affinché metta da parte il livore classista contro il reddito di cittadinanza e intervenga subito per restituire a questi ragazzi quello che è semplicemente un loro diritto. Il diritto ad un futuro senza condizioni”.
Lo dichiarano in una nota Paolo Ciani, segretario di commissione in Affari sociali e Marco Furfaro, capogruppo PD in commissione Affari sociali.
“Ci avviciniamo alla giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne in un quadro che è desolante, in Italia e nel mondo e rispetto al quale dobbiamo irrobustire la nostra azione in modo unitario e trasversale, affermando che il raggiungimento della parità di genere è un obiettivo ineludibile e che ogni volta in qualunque luogo, nelle nostre città, nel mondo, si verifica un'azione di discriminazione, la politica, le istituzione e l’opinione pubblica devono reagire con forza e con coraggio. Passi in avanti sono stati fatti. Ma se da un lato dobbiamo difendere i diritti che faticosamente anche il legislatore ha affermato e che abbiamo conquistato da istinti retrogradi e conservatori, che ci sono e che ci saranno, dall’altro dobbiamo continuare a percorrere la strada che è stata intrapresa per dare piena attuazione ai principi su cui si fonda la parità di genere e al contrasto della discriminazione della violenza e di genere”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato dem Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia, intervenendo durante la discussione generale sulle mozioni per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“Se noi vogliamo combattere davvero – ha concluso Gianassi - in modo trasparente, unitario, trasversale, la battaglia per affermare la parità di genere, dobbiamo avere il coraggio, come forze politiche, di affermare che il contributo che i partiti, i leader politici danno può e deve essere decisivo. E senza un contributo forte nessuna vittoria può essere definitivamente conquistata. Per questo pensiamo che questo tema sia un tema che il Parlamento deve assumere fin dall'inizio della legislatura, che il governo si debba impegnare ad assumere degli impegni precisi e puntuali su questo tema. In particolare, con la nostra mozione abbiamo chiesto di difendere i diritti conquistati e di dare piena attuazione alla legislazione in materia di prevenzione delle discriminazioni di genere, di protezione delle vittime, in particolare investendo robuste risorse per sostenere il lavoro importante dei centri antiviolenza che in collaborazione con i Comuni e con le Regioni, ogni giorno aiutano le vittime di reato e offrono strumenti anche per prevenire comportamenti scorretti. Occorre combattere anche fuori dai confini nazionali perché l’italia sia sempre protagonista in Europa e nel mondo per l'affermazione ineludibile del principio della parità di genere”.
“Dal 1° gennaio al 20 novembre di quest’anno sono state 104 le donne uccise, di cui 88 in ambito familiare o affettivo, e 52 sono state uccise dal partner o dall'ex. La metà delle donne uccise quest’anno sono state uccise con un’arma letale: il presupposto malato di un diritto al possesso del corpo della donna. Non, come spesso leggiamo in un’inaccettabile narrazione mediatica che assume il punto di vista del carnefice, da un raptus, non da folle gelosia o amore disperato, no: dal patriarcato. E’ un dato incontrovertibile: la violenza sulle donne nella società patriarcale non è episodica, è strutturale. Per contrastarla è necessario agire in modo sistemico su più fronti, quello normativo, preventivo, culturale, economico, a partire dal sostegno ai centri antiviolenza e le case rifugio e da un impegno che inizi prima che sia troppo tardi per sradicare il pregiudizio sessista: già sui banchi di scuola, con un grande investimento sull’educazione alle differenze. L’emancipazione economica delle donne è un tassello fondamentale della lotta contro la violenza di genere e cancellando il reddito di cittadinanza si tolgono strumenti di emancipazione”.
Così Elly Schlein, deputata del Gruppo Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista, intervenendo in Aula nella discussione generale sulle mozioni contro la violenza di genere.
“Alle donne che fuoriescono dalla violenza - ha detto Elly Schlein - bisogna garantire la casa, bene il reddito di libertà, ma troppo pochi i fondi stanziati finora. E poi un lavoro dignitoso e non povero e precario, chiudere divari salariali e occupazionali di genere, investire nelle infrastrutture sociali ed educative per liberare le donne dal carico di cura che grava sproporzionatamente sulle loro spalle e le frena nel lavoro. Proprio le donne, insieme ai giovani, hanno pagato il prezzo occupazionale più alto durante la pandemia, perché avevano già ereditato i contratti e le condizioni di lavoro più precari dalla crisi precedente. A questa precarietà - ha concluso la deputata del Pd-Idp - si lega il destino violento che hanno subito troppe lavoratrici uscite di casa per andare al lavoro e mai più rientrate, come dimostra quanto accaduto a Luana D’Orazio e Nicoletta Palladini”.
“Impotenti, stordite, interdette. È così che certamente si sono sentite e continuano a sentirsi moltissime donne. Ad alcune, va anche peggio. Tra loro, una parte è sopravvissuta, un’altra non è più con noi. Tra le vittime ci sono donne, cisgender, transessuali, lesbiche, eterosessuali, nere, bianche, asiatiche, ispaniche. Alcune di loro, come Saman Abbas, sono state uccise a causa dell’estremismo religioso. Altre, come Vanessa Scialfa, per l’ossessione del partner. Altre ancora perché si concedevano, o perché non lo facevano. Era stato detto loro che non potevano ribellarsi, che erano la parte debole che erano ininfluenti. Purtroppo avevano ragione. Erano così perché non gli era consentito di essere altro”. Lo ha detto in Aula alla Camera, la deputata dem Stefania Marino, intervenendo durante la discussione generale sulle mozioni per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“Durante l’anno corrente – ha concluso Marino - in Italia, sono state 95 le donne vittime di omicidio volontario. Se vogliamo migliorare i nostri piani di intervento dobbiamo ascoltare le vittime lì fuori. Il Pnrr rappresenta una grande occasione per intervenire sulle disuguaglianze e sul gender gap. Per la legislatura in corso proponiamo l’istituzione di una Commissione di inchiesta sul femminicidio, stavolta bicamerale, proprio per evidenziare l’importanza e la trasversalità dell’azione che ha svolto, e che ancora deve svolgere, il Parlamento. Rivolgo un particolare invito a tutti gli uomini, a non dimenticare da dove proveniamo. A non dimenticare le nostre madri, le nostre sorelle, le nostre figlie. Voltarsi dall’altra parte, ci farebbe diventare complici”.
“Ottantadue donne uccise quest’anno e altrettante lo scorso ci dicono che la violenza contro le donne è fenomeno esteso e radicato.
Viviamo in un Paese in cui le donne che lavorano sono meno del 50% e quando lavorano guadagnano la metà dei propri compagni, fratelli, padri, anche se magari hanno studiato di più, e se decidono di avere un figlio quel lavoro lo perdono o ottengono un part-time che renderà più povere loro e le loro famiglie, comprometterà la carriera e regalerà loro una pensione da povere (oggi 50%). In un Paese in cui queste palesi discriminazioni sono all’ordine del giorno, dovremmo stupirci della violenza sulle donne? Ogni volta che mestamente con la sconfitta nel cuore partecipiamo alle fiaccolate per Giulia Carla Eleonora Francesca Stefania uccise da chi avevano amato solo perché avevano scelto di terminare una storia, di essere libere, ci diciamo che c’è un problema culturale. E' esattamente così.
E allora il Partito democratico, nella sua mozione, chiede che il nostro sforzo maggiore sia quello sull’educazione scolastica, sensibilizzando e finanziando progetti specifici contro gli stereotipi di genere, di educazione a relazioni corrette e rispettose, sull’uso consapevole del linguaggio e dei social network, estendendo però tali progetti alla comunità educante in senso largo, quindi anche alle associazioni sportive, culturali, religiose dove bambini e bambine e ragazzi e ragazze possano imparare il rispetto e il riconoscimento del valore delle reciproche differenze.
Chiediamo inoltre che alle donne sia garantita la possibilità di scegliere davvero di uscire in sicurezza dalla violenza, non solo attraverso strumenti di accoglienza, ma di presa in carico complessiva ed integrata insieme ai loro figli, sostenendo protocolli di rete tra istituzioni e associazionismo e valorizzando le Best Practices introdotte anche a livello regionale e dobbiamo assicurare loro la possibilità di costruirsi una nuova vita e quindi assicurare alle donne in qualsiasi luogo del paese vivano, aiuti speciali per l’inserimento nel mondo del lavoro.
La battaglia contro la violenza sulle donne deve diventare la battaglia di tutti, in primis degli uomini. Chiediamo allora di predisporre attraverso la comunicazione istituzionale una vasta campagna di sensibilizzazione rivolta agli uomini per la crescita della consapevolezza maschile della violenza contro le donne. Perchè il problema della violenza maschile contro le donne diventa un problema delle donne ma nasce come problema degli uomini, incapaci di vedersi e riconoscersi maltrattanti e di accettare che le relazioni affettive possono anche finire”. Lo ha detto in Aula la deputata del Pd, Sara Ferrari, illustrando la mozione del Partito Democratico sulla violenza contro le donne.
“Abbiamo depositato un’interpellanza urgente al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, per sapere se e quando intenda attivare un tavolo con Whirlpool e le Organizzazioni Sindacali per analizzare il Piano Industriale del Gruppo ed ottenere ampia informativa sulla procedura di cessione. Una eventuale cessione che -sia chiaro- dovrà essere vincolata a specifiche garanzie circa il mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi”. Lo dichiarano in una nota i deputati del Pd, Irene Manzi, Augusto Curti, Stefano Graziano, Vinicio Peluffo, Piero De Luca, Marco Sarracino, Arturo Scotto, Toni Ricciardi, Marco Simiani, Federico Gianassi, Emiliano Fossi, Matteo Mauri e Chiara Braga
“Sono anni che Whirlpool attua un significativo ridimensionamento della forza lavoro, nonché la dismissione di unità produttive sul territorio nazionale, con una progressiva esautorazione della piattaforma produttiva italiana. E oggi -proseguono i deputati del Pd- con una trattativa di cessione in corso, la multinazionale ha disertato qualsiasi tavolo di confronto istituzionale, dimostrando grave mancanza di rispetto verso i lavoratori, le Istituzioni e le parti sociali.
“Nel nostro Paese la multinazionale ha 7 siti -molti dei quali collocati in aree interne- e impiega 5000 lavoratori, per non parlare di quelli dell'indotto e con le decisioni che sta prendendo rischia seriamente di non assicurare il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e la continuità produttiva degli stabilimenti.
Siamo nel pieno -scrivono i deputati dem nell’interpellanza- di una grave crisi economica ed è necessario che una cessione così impattante per il tessuto economico e sociale dei territori sia gestita attraverso adeguati criteri di governance e che il Ministero e le Organizzazioni Sindacali siano costantemente informati e coinvolti nelle diverse fasi della trattativa”.
“Ci aspettiamo dal governo una risposta chiara e iniziative immediate anche rispetto alle azioni che vorrà mettere in campo per sostenere il comparto della produzione di elettrodomestici in Italia, dichiarando il settore strategico, con politiche industriali mirate a tutelare e rilanciare il tessuto produttivo dei nostri territori”. Così concludono i deputati dem.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Lo dice la Costituzione della Repubblica Italiana. E la nostra Repubblica è, fortunatamente, laica. Il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, creda in ciò che vuole, ma la laicità è ciò che separa l’Italia dal Qatar o dall’Arabia Saudita. Si trasferisca lì, se preferisce. Inaudito che sia il capogruppo - ripeto, il capogruppo - di un partito”.
Lo dichiara il deputato dem Marco Furfaro, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera.
L’onorevole Luciano D’Alfonso incassa un Sì del Governo alla revisione degli indennizzi dopo che il parlamentare del Partito Democratico aveva sollevato il caso attraverso una interrogazione indirizzata al Ministro Pichetto Fratin.
“Si tratta di un impegno che ha fatto emergere la questione e descrive anche serietà di approccio e, si direbbe oggi, serietà di postura – commenta l’onorevole D’Alfonso in Aula - ora chiedo che si produca di più per quanto riguarda il merito contenutistico dell'impegno che si assume come Governo, poiché il problema è reale, come è stato riconosciuto”.
“Non può accadere che – continua D’Alfonso - in un tempo come quello che stiamo vivendo che la morosità involontaria venga trattata con arbitrio e prepotenza”.
La delibera di ARERA va nutrita con i fatti nuovi accaduti in questo momento storico – aggiunge D’Alfonso - Se abbiamo, da una parte, il Consiglio dei Ministri che concepisce misure per aiutare l'acquisto dell'erogazione di energia elettrica e di gas, dall’altra non possiamo non rivedere le modalità attraverso le quali si indennizza e si risarcisce colui il quale è stato strapazzato dal soggetto erogatore di quella prestazione”.
“Dunque – conclude D’Alfonso - portiamo gli indennizzi da 20 a 200 euro per coloro i quali ricevono servizio come utenza domestica e a 1.000 euro per coloro i quali ricevono servizio come utenza economica. È possibile fare questo! Continuiamo con la serietà evidenziata oggi”.
“Una legge per promuovere il settore castanicolo, capace di valorizzare un prodotto tradizionale del territorio italiano, incentivare le imprese del settore che si occupano di raccolta e trasformazione e garantire la corretta manutenzione del patrimonio boschivo”: questi in sintesi i contenuti del provvedimento presentato a Montecitorio dal Partito Democratico a prima firma dei deputati Marco Simiani e Stefano Vaccari, rispettivamente capigruppo in commissione Ambiente ed Agricoltura. Hanno sottoscritto la proposta di legge anche i deputati del Pd: Antonella Forattini, Stefania Marino, Andrea Rossi, Andrea Casu, Marco Sarracino, Stefano Graziano, Mauro Berruto, Piero De Luca, Federico Gianassi, Emiliano Fossi, Simona Bonafè.
“Il testo che depositiamo - spiegano Simiani e Vaccari - trae spunto dalla proposta approvata nella scorsa legislatura dalla commissione Agricoltura della Camera, si tratta di una sintesi elaborata da tutte le forze politiche dopo una lunga ed approfondita discussione con le associazioni di categoria. Il settore castanicolo rappresenta una opportunità per l’economia territoriale di zone spesso marginali, un volano per sostenere la multifunzionalità agricola ed un presidio fondamentale per contrastare il dissesto idrologico e garantire quindi la tutela del patrimonio ambientale. Nonostante queste peculiarità si tratta di un comparto fragile che negli anni scorsi ha subito gravi danni a causa di parassiti come il cinipide, mentre oggi è in difficoltà per il costo della castagna riconosciuto ai produttori, troppo basso per essere economicamente sostenibile nonostante venga poi venduto al dettaglio a prezzi elevati. Con questa proposta di legge - concludono - potremmo assicurare nuove risorse ed opportunità di sviluppo alle imprese del settore e garantire quindi una programmazione efficace delle attività”.
Ospite di Radio Immagina, il deputato del Pd Mauro Berruto, già Ct della nazione di pallavolo, parla dei mondiali di calcio
“Anche se è un mondiale che non riesce ad appassionarmi, quello che mi riconcilia con l’aspetto sportivo è stato il coraggio della nazionale iraniana nel fare un gesto planetario, perché se ha un senso questo mondiale ce l’ha proprio per la possibilità di arrivare, con gesti eclatanti, a colpirci tutti.” Così Mauro Berruto, ora deputato Pd e già CT della nazionale italiana di pallavolo maschile in una intervista a Radio Immagina. “A chi mi chiede se era giusto boicottare il mondiale – ha proseguito Berruto- io dico che ci ricorderemo per sempre del podio olimpico dei 200 maschili di Città del Messico, con il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos, e che se ci fosse stato un boicottaggio quella immagine non sarebbe mai arrivata a noi mentre ha contribuito a trasmettere un messaggio che ha cambiato il mondo in meglio” . Per Berruto, “visto che il mondiale c’è, io continuo a tifare per quei calciatori e per quelle delegazioni che avranno il coraggio di portare su quel palcoscenico planetario la lotta alle discriminazioni e io, a differenza di quello che ha fatto la Fifa di proibire l’ingresso ai capitani con la fascia arcobaleno, continuo a credere nel fatto che ci saranno calciatori e delegazioni che cercheranno di far arrivare un messaggio davvero importantissimo a tutto il mondo grazie alla platea del mondiale” .
“La volontà di non affrontare, nell'ambito della legge di bilancio, il tema della giusta retribuzione e del salario minimo, spaventa e preoccupa. Spaventa perché vuol dire non avere consapevolezza dello stato di salute in cui si trova il nostro Paese e soprattutto della gravità della situazione in cui vivono migliaia di famiglie. L'assenza di questo tema dall'agenda economica del governo è ingiustificabile, soprattutto alla luce di un'inflazione che tutto è, tranne che democratica, visto che ad essere colpiti dall'aumento dei prezzi sono proprio quei cittadini a cui da anni non viene riconosciuta una paga giusta e dignitosa”. Lo dichiara il deputato del Pd e capogruppo in commissione Lavoro di Montecitorio, Mauro Laus.