"Ieri durante i David il mondo del cinema ha alzato la voce in modo netto e autorevole: registi, produttori, attori e operatori del settore hanno denunciato pubblicamente una situazione ormai non più sostenibile. L’industria cinematografica e audiovisiva italiana è in crisi, e questa crisi è stata determinata dalle scelte del Governo Meloni. Con il ministro Sangiuliano, la sottosegretaria Borgonzoni e ora anche il ministro Giuli, il comparto è stato abbandonato all’incertezza normativa, alla riduzione delle risorse economiche e a un disinteresse che ha spinto via dal nostro Paese le grandi produzioni internazionali. Il risultato? Una crisi occupazionale senza precedenti e produzioni italiane costrette a rinviare progetti fondamentali. È il momento di cambiare passo. Chiediamo che il Parlamento avvii immediatamente un’indagine conoscitiva sullo stato dell’industria cinematografica e audiovisiva italiana. Il Presidente della
Commissione cultura della Camera, Mollicone, non può continuare a far finta di non ascoltare e ha il dovere di fornire risposte concrete e di confrontarsi apertamente con le istanze che arrivano dall’opposizione e da tutto il settore." Così una nota di Irene Manzi, Capogruppo PD Commissione Cultura della Camera.
“Mentre il ministro Giuli si abbandona alla consueta retorica autoreferenziale parlando di una “storia d’amore” tra il MiC e il cinema italiano, il settore sprofonda in una crisi profonda e strutturale. Peccato che la sua narrazione autocelebrativa sia stata accolta con evidente disagio dai rappresentanti di una categoria che da mesi lancia l’allarme, inascoltata, sulle incertezze normative, i ritardi nei finanziamenti e il mancato dialogo con le istituzioni” così la capogruppo democratica nella commissione cultura della Camera, Irene Manzi che aggiunge: “Fa male constatare che anche nella sede più alta della Repubblica, il Quirinale, il ministro non sia riuscito a trattenere la voglia di fare propaganda, ribadendo – con toni sempre più distanti dalla realtà – che “tutto va bene”. Nulla di più falso. L’industria cinematografica italiana è allo stremo, e il Governo è il principale responsabile di questa situazione. I numeri parlano chiaro: progetti fermi, tax credit bloccati, aziende e lavoratori lasciati nell’incertezza. Le promesse si moltiplicano, ma i fatti non arrivano. Ribadiamo – aggiunge Manzi - con forza la richiesta al presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, di avviare immediatamente un’indagine conoscitiva sullo stato dell’arte dell’industria cinematografica italiana. E’ necessario un confronto serio e trasparente con tutte le categorie coinvolte. Agire da soli, senza ascolto, sarebbe un ulteriore gravissimo errore”, conclude la democratica.
“I dazi al cinema annunciati dal presidente Trump rappresentano una minaccia concreta e grave per l’intera industria cinematografica e audiovisiva italiana. A rischio non è solo l’export culturale del nostro Paese, ma anche la tenuta di un settore già segnato da profonde difficoltà strutturali e normative”. Lo dichiara Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Cultura della Camera, commentando l’intenzione annunciata dalla presidenza statunitense di imporre tariffe del 100% su tutti i film stranieri importati negli Stati Uniti. “Le decisioni unilaterali di Trump – che evocano un ritorno a forme aggressive di sovranismo economico – sono profondamente preoccupanti», prosegue Manzi. «A tutto ciò si somma il caos normativo generato in Italia dal governo Meloni, che continua a portare avanti politiche incerte e poco lungimiranti, costringendo importanti produzioni internazionali a spostarsi fuori dai nostri confini. Il combinato disposto tra dazi punitivi e l’assenza di un quadro normativo stabile e competitivo – sottolinea – rischia di infliggere un colpo mortale alla filiera del cinema e dell’audiovisivo nazionale, già fortemente provata da mesi di stallo. Per questo motivo, il Partito Democratico lancia un appello al governo: il ministro Giuli batta un colpo. Venga immediatamente in Parlamento a riferire e a spiegare come intende rispondere a questa provocazione assurda e quali misure concrete adotterà per evitare che l’Italia venga esclusa dai grandi circuiti internazionali di produzione. Servono interventi urgenti, credibili e coerenti – conclude la deputata dem – per difendere il nostro cinema, attrarre investimenti esteri e garantire che l’Italia resti un punto di riferimento mondiale nel settore culturale e creativo. Alla sfida di Trump si risponde con politiche industriali, non con il silenzio”.
“Il ministro Giuli ha ragione a chiedere maggiori risorse per la cultura, ma le sue dichiarazioni non dovrebbero finire solo sui giornali: prenda coraggio e alzi la voce in Consiglio dei Ministri”. Così la capogruppo democratica in commissione cultura della Camera, Irene Manzi che sottolinea: “I numeri parlano chiaro: con il governo Meloni i fondi per i settori culturali hanno subito tagli profondi in ogni legge di bilancio. E soltanto poche settimane fa – aggiunge Manzi - il CIPESS ha approvato la programmazione strategica destinando appena 195 milioni di euro alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Una cifra drammaticamente inferiore rispetto agli oltre 1,7 miliardi stanziati dai governi precedenti. Sono dati imbarazzanti per un Paese come l’Italia, la cui identità e attrattività internazionale si fondano proprio sulla cultura. Apprezziamo che il ministro Giuli riconosca finalmente i danni provocati dalle scelte del governo Meloni ma ora servono fatti, non interviste. Se davvero crede in ciò che dice, si batta nelle sedi decisionali per invertire la rotta e restituire alla cultura il ruolo centrale che merita nella strategia del Paese” conclude Manzi.
“Alla luce dell'appello di Pupi Avati e della proposta di legge, a prima firma Elly Schlein, per istituire un'agenzia specializzata per il cinema e l'audiovisivo, il Pd vuole sapere dal ministro Giuli quali siano le azioni concrete per far fronte alla crisi del settore e non continuare a negarla. Non si può proseguire nell'indifferenza su una situazione così drammatica”. Così la deputata Pd, Irene Manzi, capogruppo in commissione Cultura, illustrando l'interrogazione urgente al ministro Giuli durante il Question time alla Camera.
“Già da molti mesi - continua l'esponente dem - ci troviamo di fronte al grido d'allarme rivolto al governo da parte del settore cinematografico italiano. Basta leggere i dati presenti nell'indagine del movimento 'Siamo ai titoli di coda', che evidenziano la drammatica situazione in termini di lavoro e occupazionali. C'è una grande incertezza sulle risorse a disposizione per l'industria cinematografica e, più in generale, incertezza sul quadro normativo. Ma tutto questo sembra non importare al governo Meloni. Le risposte date finora dal ministro Giuli sono purtroppo deludenti e non efficaci”, conclude Manzi.
"L’approvazione dell’emendamento del Partito Democratico al decreto sulla Pubblica Amministrazione, che consente la stabilizzazione dei lavoratori precari nelle Fondazioni lirico-sinfoniche, nei Teatri nazionali e in quelli di rilevante interesse culturale, rappresenta un risultato di grande valore politico e sociale”. Lo dichiarano in una nota Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, e il deputato dem Matteo Orfini, primo firmatario dell’emendamento al decreto Pubblica Amministrazione, che sarà definitivamente votato la prossima settimana alla Camera.
“Siamo orgogliosi - aggiungono Manzi e Orfini - che questo emendamento, sostenuto con determinazione dal Pd, trovi oggi il riconoscimento delle istituzioni culturali. È la conferma che il lavoro parlamentare, quando è radicato nei bisogni reali delle persone, può produrre cambiamenti concreti e migliorare la vita di tante lavoratrici e lavoratori del settore".
"Con questo intervento abbiamo voluto creare le condizioni per sanare una situazione di precarietà che si trascinava da anni, e per garantire finalmente diritti, stabilità e dignità professionale a chi contribuisce ogni giorno alla vita culturale del nostro Paese", concludono i democratici.
Serve operazione verità, Giuli riferisca alla camera
“Le parole dell’AD di Cinecittà, Manuela Cacciamani, confermano la crisi in cui il governo ha gettato l’industria cinematografica italiana. Gli stabilimenti di Cinecittà sono stati e continuano a rimanere sostanzialmente vuoti a causa delle scelte sbagliate del governo, che ha generato un’incertezza legislativa tale da allontanare numerose produzioni internazionali e bloccare quelle nazionali. Migliaia di professionisti dell’audiovisivo sono migrati in altri settori, con un danno enorme per un’industria che si fonda sulla professionalità e sull’eccellenza delle sue maestranze”. Così una nota della capogruppo democratica nella Commissione Cultura della Camera, Irene Manzi, che aggiunge: “spiace tuttavia constatare, ancora una volta, il tentativo di riscrivere la storia per eludere le responsabilità e continuare a ignorare le colpe di questo governo. Per quanto riguarda la gestione di Cinecittà, sarà l’azionista a effettuare le proprie valutazioni; tuttavia, non si può ignorare il fatto che alcune scelte oggi contestate siano state approvate sostanzialmente dallo stesso CDA attualmente in carica, a partire dalla figura della presidente. Scaricare sul passato le responsabilità di oggi appare l’ennesima strategia di un governo che continua a negare l’esistenza della crisi del settore, nonostante i dati siano purtroppo sotto gli occhi di tutti. Per queste ragioni, ribadiamo la richiesta al presidente Mollicone di calendarizzare la nostra risoluzione sullo stato dell’industria cinematografica e audiovisiva italiana e di aprire un confronto in Commissione Cultura alla Camera, coinvolgendo le organizzazioni di settore e invitando il ministro Giuli a partecipare. Serve un’operazione verità, la crisi è grave e non c’è altro tempo da perdere” conclude la democratica Manzi.
58% territorio italiano è classificato come aree interne, ma mancano servizi essenziali e risorse economiche
“Le distanze sono le vere diseguaglianze. In questo caso riguardano proprio le aree interne. La vita, lo sviluppo economico e sociale di questi territori è legata alle opportunità. C’è chi decide di partire ma c’è anche chi decide di restare e noi abbiamo il dovere istituzionale e morale di dare servizi e opportunità a chi vuole restare in quei luoghi suggestivi, ma scarsi di servizi di prossimità”. Lo dichiara il deputato del Pd Marco Simiani, che domani presenterà in conferenza stampa presso la sala Berlinguer della Camera dei Deputati il film "C'è un posto nel mondo" di Francesco Falaschi. La proiezione del film è prevista dalle 14 alle 16:30. Seguirà dibattito con i deputati del Pd Marco Simiani, Irene Manzi, Matteo Orfini, Marco Sarracino, il regista Francesco Falaschi, e il sindaco di Santa Fiora, Federico Balocchi. Sarà presente il cast artistico.
"Il film, girato nei più suggestivi angoli dell’Amiata e soprattutto a Santa Fiora, Castel del Piano e Arcidosso, esplora il delicato equilibrio tra il desiderio di partire e il richiamo delle proprie radici. Una storia intensa e attuale, che racconta le sfide e le speranze delle comunità dei piccoli centri italiani. Quello dello spopolamento delle aree interne è un fenomeno di cui sta sempre di più soffrendo il nostro Paese, specialmente al Sud ma non solo. Ricordiamo che ben il 58% del territorio italiano è classificato come “aree interne”, dove però vive appena il 22,7% della popolazione. Ormai da diversi anni i comuni geograficamente più lontani dai principali centri urbani, e in particolare i paesi più piccoli, stanno subendo una progressiva diminuzione delle opportunità lavorative e presentano ridotte possibilità di accedere da parte dei cittadini ai servizi essenziali come istruzione, mobilità e sanità. Inoltre queste zone periferiche sono tendenzialmente carenti di infrastrutture fondamentali e di proposte culturali adeguate, anche per la mancanza di risorse economiche. Comprensibile che i giovani appena possono se ne vadano e che raramente ritornino per ritrovare insieme alle loro radici un contesto in cui progettare il futuro. Il problema si acuisce nelle zone montane, dove le distanze e la complessa situazione logistica non agevolano le risposte ai vari bisogni sociali degli abitanti.
Per affrontare questo tema così urgente era stata messa in atto dal Governo “una politica nazionale innovativa di sviluppo e coesione territoriale che mira a contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del nostro Paese” denominata SNAI (Strategia Nazionale per le Aree Interne), confermata in teoria per il periodo 2021-2027 e fondata su un approccio “basato sui luoghi” (place based), decisivo per le politiche strutturali di sviluppo. Attendiamo che il Governo su questo punto così importante batta un colpo", conclude Simiani.
In allegato la locandina
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“Il Ministro della Cultura Alessandro Giuli sembra più interessato a deliziarci con discorsi fumosi e attacchi ideologici che a rispondere a domande concrete. Dopo le sue dichiarazioni di oggi, ci chiediamo: invece di gettare parole nel vuoto per compiacere la Presidente del Consiglio, può dirci con chiarezza se il Ministero della Cultura sta per definanziare il progetto di recupero del carcere di Santo Stefano?
Il progetto Ventotene è un progetto di grande importanza, premiato con il prestigioso marchio del Patrimonio europeo per la sua capacità di restituire alla memoria collettiva un luogo simbolo della lotta per la libertà. Un carcere che ha visto il confino di oppositori politici durante il fascismo e che oggi rappresenta un'opportunità unica per trasformare un passato di privazione in un futuro di consapevolezza e cultura.
Lasciamo al Ministro le sue ridicole battaglie retoriche, ma ci dica chiaramente se il MiC sta davvero per compiere questo atto irragionevole, dettato solo dall’ostinata volontà di assecondare il revisionismo di Giorgia Meloni.” Così la capogruppo democratica nella commissione e cintura della Camera, Irene Manzi.
“L’Art bonus è stata una misura di grande successo negli ultimi dieci anni, con oltre un miliardo di euro di contributi provenienti da privati e un coinvolgimento ampio di soggetti diversi, dalle grandi fondazioni bancarie fino alle piccole donazioni individuali per progetti locali. Oggi, a dieci anni dalla sua introduzione, è necessario rilanciarlo e ampliarlo, coinvolgendo nuovi soggetti e strumenti di sostegno alla cultura”. Lo dichiara la deputata Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico in commissione Cultura, che dai canali social dei deputati dem chiede al ministro Alessandro Giuli di venire in Parlamento per fare un bilancio di questi dieci anni e discutere le prospettive future della misura.
“Finora – ha concluso Manzi - abbiamo assistito a un’azione del governo che ha mostrato scarso coinvolgimento del Parlamento. Eppure, un confronto istituzionale potrebbe portare a proposte e sollecitazioni utili per rafforzare e ampliare l’Art bonus, rendendolo accessibile a una platea ancora più ampia di soggetti. Se il ministro della Cultura vuole davvero investire nel settore, perché non estendere il finanziamento ad altri ambiti e realtà culturali, come fatto anche in passato?”.
“Abbiamo assistito a un grande momento di televisione e di cultura con l’intervento di Roberto Benigni, capace di raccontare con passione e profondità il valore del Manifesto di Ventotene. Le critiche di Mollicone sono ridicole e verrebbe da ridere, se non fosse che parliamo del presidente della Commissione Cultura della Camera. La maggioranza ha chiaramente perso la misura, e il revisionismo storico promosso da Giorgia Meloni ne è la conferma. Ora Mollicone prova solo a cavalcare l’onda per strappare qualche attimo di visibilità, attaccando uno dei documenti fondanti dell’Europa unita con argomentazioni prive di qualsiasi fondamento. Raccontare il Manifesto di Ventotene non è un atto di parte, ma un dovere per chiunque creda nei valori della democrazia e della libertà. L’ossessione della destra per la riscrittura della storia è ormai sotto gli occhi di tutti, e il tentativo di screditare un’opera di straordinaria visione politica la dice lunga sulla povertà di idee di chi oggi guida la cultura del nostro Paese.” così la capogruppo democratica anella commissione Cultura della Camera, Irene Manzi.
Nessuna eliminazione del numero chiuso per Medicina
“Questo disegno di legge è un bluff che sposta di sei mesi in avanti il processo di selezione per l'ingresso a Medicina: il governo chiede una delega sostanzialmente in bianco al Parlamento e, con la clausola di invarianza finanziaria, scarica sulle università, gli studenti e la famiglie gli effetti nefasti di questo provvedimento”. Lo dice la deputata dem Irene manzi, capogruppo Pd in Commissione Cultura, intervenendo in Aula sul disegno di legge di delega al governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia,
“Nel passaggio tra Senato e Camera – continua la parlamentare Pd - ci saremmo aspettati che la commissione avesse potuto affrontare alcuni aspetti critici del provvedimento che avevamo provato a risolvere attraverso i nostri emendamenti, ma così non è stato. Nessuno del Pd sta difendendo lo status quo dell'accesso ai corsi della facoltà di medicina nelle università ma è chiaro che questo provvedimento non affronta nel merito le modalità d'accesso universitario e, in nessun modo, abolisce il numero chiuso”. “ Questa delega in bianco peggiora l’ esistente senza affrontare nessuno dei problemi che riguardano il servizio sanitario nazionale. Siamo di fronte ad una legge bluff che fallisce tutti gli obiettivi che a parole si pone”, conclude Manzi.
"La vicenda della scuola statale 'Agli Angeli' di Verona sta diventando l’ennesimo caso di strumentalizzazione politica da parte della destra. Le becere dichiarazioni del deputato leghista, Rossano Sasso, che non si è nemmeno degnato di approfondire la vicenda, sono inaccettabili e dimostrano, ancora una volta, come ci sia chi preferisce alimentare polemiche e divisioni piuttosto che difendere il ruolo della scuola come luogo di crescita e convivenza. La realtà è semplice: uno studente ha messo a rischio la propria incolumità pur di non calpestare una scala che, tra i suoi gradini, porta parole come pazienza, amore, rispetto, accoglienza ed empatia. Questo dovrebbe far riflettere. Com’è possibile che un ragazzo così giovane sviluppi un rifiuto così viscerale per valori tanto universali? Il problema non è una scuola che educa alla tolleranza, ma chi fomenta paura e odio, dipingendo come ‘propaganda’ il semplice insegnamento del rispetto reciproco”.
Così le deputate democratiche Rachele Scarpa e Irene Manzi (capogruppo in commissione Cultura).
“Il vero pericolo - aggiungono - non sono le parole scritte su quella scala, ma l’ideologia di chi le considera una minaccia. La scuola deve rimanere un luogo libero, in cui tutti possano sentirsi accolti senza paura. Non possiamo permettere che l’educazione al rispetto venga messa sotto attacco da chi usa il proprio ruolo istituzionale per legittimare intolleranza e discriminazione”.
"La legge che prevede un fondo per finanziare i viaggi della Memoria per le scuole secondarie di secondo grado aggiunge un tassello importante al nostro patrimonio legislativo e storico. Ci auguriamo che questo fondo, per ora temporaneo, possa presto diventare strutturale ed aumentare le risorse a disposizione. Molti di noi in quest’Aula hanno partecipato ad un viaggio della memoria. Sono esperienze che segnano, viaggi nella storia dell’Europa del Novecento, esperienze di formazione dolorose e traumatiche ma necessarie. Per ricordare e non dimenticare che in quei luoghi solo 80 anni fa si è perpetrato il crimine più atroce ed impensabile contro l’umanità, contro l’idea stessa di umanità". Lo ha detto in Aula, Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura di Montecitorio, dichiarando il voto favorevole del Pd alla proposta di legge che prevede un fondo per finanziare i cosiddetti viaggi della Memoria.
"Ricordare significa “riportare al cuore”. Solo l’arte e la cultura possono ricordare ciò che abbiamo vissuto. Questi viaggi ci permettono almeno in parte di provare a entrare negli abiti di chi ha attraversato quella linea di confine. Poche settimane fa abbiamo ricordato in quest’Aula l’onorevole Furio Colombo. E’ a lui che oggi rivolgo il mio pensiero, perché fu proprio lui a farsi promotore e primo firmatario della proposta di legge da cui è nata la legge 211 del 20 luglio 2000", ha proseguito la deputata dem.
"L'indifferenza che - come ci ha ricordato la senatrice Liliana Segre a cui oggi voglio dedicare l’approvazione di questa legge- “è stata colpevole allora perché non ci si può difendere da chi volta la faccia da un’altra parte (…) ed è lo stesso pericolo anche oggi”. E proprio per questo oggi in quest’Aula non vogliamo essere indifferenti, all’odio e all’intolleranza, all’antisemitismo che cresce e ci preoccupa e ci impone di agire. E questa legge oggi è uno strumento in più per la costruzione di una coscienza comune europea a partire dalle generazioni più giovani, per la riaffermazione di valori di democrazia, pace e eguaglianza. Contro ogni forma di nazionalismo, razzismo, antisemitismo. Vogliamo farlo per le generazioni più giovani, nel nome di Liliana Segre, Sami Modiano, Tatiana e Andra Bucci, Nedo Fiano, Piero Terracina, Settimia Spizzichino, Primo Levi, di tutte e tutti coloro che sono tornati per trasmetterci qualcosa di cui non vogliamo liberarci: il vizio della memoria", ha concluso Irene Manzi.