“Poche settimane fa Fedrigoni Group ha annunciato di voler chiudere, il 31 dicembre 2024 la società Giano 1264, operante a Fabriano e specializzata nella carta per ufficio, una decisione che comporterà l'esubero di 195 lavoratori attualmente impiegati negli stabilimenti di Fabriano e Rocchetta e che rischia di produrre effetti occupazionali ancora più pesanti in considerazione dell’ indotto coinvolto. Fabriano e’ la carta, e le conseguenze di quella crisi- in un distretto già pesantemente coinvolto da altre vicende occupazionali e dalle conseguenze del sisma del 206/2017- hanno un rilievo non solo locale ma nazionale”. Così i deputati del Pd Irene Manzi e Augusto Curti in un'interpellanza urgente a Montecitorio.
“Portiamo nell'aula di Montecitorio le sollecitazioni unanimi espresse sabato 12 ottobre da tutto il Consiglio comunale di Fabriano e chiediamo al governo di anticipare la convocazione del tavolo ministeriale previsto per il 4 novembre- in considerazione dell’incontro tra proprietà e sindacati fissato per il 24 ottobre- rinviare la scadenza del 31 dicembre 2024 almeno fino a quando non saranno chiare le “alternative industriali” a cui il management fa vago riferimento, di chiarire come si intenda salvaguardare l’occupazione in quel territorio. Ribadisco - continua Manzi - che la questione del distretto industriale fabrianese è una questione nazionale che esige una risposta nazionale. E così è per quelle zone interne del cratere sismico dell’Italia Centrale impoverite in seguito agli eventi sismici. Riteniamo la decisione del gruppo Fedrigoni irrituale nelle forme di un rapporto istituzionale, precipitosa nei tempi e nelle modalità previste per la dismissione, pesante per le conseguenze sociali prodotte e carente nel delineare implementazioni e prospettive alternative di sviluppo future. Al governo chiediamo il massimo impegno per tutelare un sistema produttivo e posti di lavoro in un territorio che faticosamente sta cercando di uscire da una lunga crisi ". Così concludono i dem.
“Chiediamo al ministro Giuli di spiegare pubblicamente come intende attuare il diktat di Giorgetti, che impone un taglio lineare del 5% a tutti i ministeri, compreso il Ministero della Cultura. Quanto vale esattamente questo taglio per il Mic e, soprattutto, quali settori colpirà?”
Lo chiede la Capogruppo democratica in commissione Cultura della Camera, Irene Manzi, che stigmatizza il continuo rinvio dell’audizione del ministro in parlamento. “Sono interrogativi urgenti - aggiunge - soprattutto alla luce del continuo rinvio della sua audizione in Parlamento. Non è accettabile che il ministro eviti il confronto nelle sedi istituzionali. E sorprende poi che davanti a questa incertezza continui a fare promesse pubbliche e ad annunciare iniziative quando ancora non ha spiegato quale linea politica intenda seguire per affrontare queste riduzioni”.
Chiesto anticipo dell'audizione del ministro per spiegare i tagli nella manovra
"Aspettiamo Giuli alla prova dei fatti. Da due anni chiediamo al governo interventi concreti per il sistema editoriale italiano, ma finora abbiamo ricevuto solo risposte negative e l'abbandono di misure virtuose che rispondevano alle esigenze del settore, come la legge sull’acquisto dei libri per le biblioteche dalle librerie di prossimità". Lo afferma in una nota Irene Manzi, capogruppo democratica nella commissione Cultura della Camera, che oggi ha chiesto di anticipare l’audizione del ministro Giuli, prevista per il 7 novembre, affinché possa "spiegare anche il contenuto della manovra, che prevede pesanti tagli per i settori culturali, contrariamente agli annunci fatti finora".
"È urgente una legge sul libro – prosegue Manzi – e sfidiamo Giuli a redigerla in Parlamento, attraverso un percorso condiviso che coinvolga tutti gli attori interessati, incluse le proposte delle opposizioni, per ritrovare finalmente un clima di collaborazione, perso con le scelte divisive del ministro Sangiuliano. La cultura non deve essere usata come strumento di divisione o per affermare ideologie", conclude Manzi.
“Siamo molto preoccupati per una manovra che, al di là dei soliti annunci roboanti, prevede tagli di spesa, aumento di tasse e sacrifici per famiglie e imprese. I tagli ai ministeri indicati nel Dpb consegnato a Bruxelles dovrebbero valere nel 2025 circa 2,5 miliardi di euro. Questo significa tagli lineari di spesa a partire da cultura, istruzione e università che già nelle scorso leggi di bilancio sono state oggetto di mancati investimenti e tagli. Se sommiamo questi tagli al sacrificio richiesto agli enti locali, già tartassati pesantemente dall'ultima manovra, temiamo che non saranno più garantiti importanti servizi ai cittadini.
Ribadiamo con forza che togliere ulteriori fondi a questi comparti, già sottofinanziati, sarebbe un grave errore. A scuola, università e cultura mancano risorse e sono comparti che non possono sopportare ulteriori tagli.
L’Italia è indietro rispetto alla spesa per l’istruzione in rapporto al PIL, e occorrono investimenti per colmare questo divario, non tagli. Non è condivisibile una legge di bilancio che incide negativamente, ancora una volta, sui comparti del sapere, della conoscenza e della cultura, definiti sempre strategici nelle dichiarazioni ma marginalizzati nelle scelte di spesa”. Lo dichiara Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura di Montecitorio.
“Mentre Giuli taglia nastri, il ministero della Cultura subisce un ennesimo feroce taglio al bilancio che avrà effetti profondi su settori già fortemente colpiti dalle scorse manovre del governo Meloni” così in una nota la capogruppo democratica nella commissione e Cultura della Camera, Irene Manzi, commenta l’approvazione della manovra di bilancio da parte del Cdm. “I margini di azione politica sono irrisori, Giuli è già stato commissariato di fatto”.
“Il collega Amorese che cerca di difendere l’assenza di Giuli al Cdm di questa sera conferma, indirettamente, la sforbiciata in arrivo per i settori culturali. La chiamano ‘riduzione delle inefficienze’ ma sono tagli belli e buoni che tutti i settori culturali stanno denunciando e su cui gli stessi uffici del Mic, senza guida, sono in imbarazzo. A partire proprio dall’editoria Italiana, che ha più volte richiamato pubblicamente il governo Meloni a rivedere le scelte portate avanti finora. Giuli esca dal silenzio e spieghi pubblicamente la ragione di questi tagli profondi ai settori culturali contenuti nella Manovra. Invece di scappare dal parlamento, rinviando la sua audizione, venga immediatamente a riferire” così la capogruppo democratica nella Commissione e cultura della Camera, Irene Manzi.
“Giuli sarà assente giovedì in parlamento e molto probabilmente sarà assente anche questa sera in Cdm, non è proprio un buon inizio per chi dovrebbe promuovere i settori culturali e difenderli dai tagli annunciati dal ministro Giorgetti. Il governo Meloni ha determinato lo stallo del ministero della cultura a cui si appresta - temiamo- ad infliggere un ulteriore grave taglio nella prossima legge di bilancio che colpirà tutti i settori della cultura” così la capogruppo democratica nella commissione cultura della Camera, Irene Manzi.
La capogruppo democratica in commissione cultura della Camera, Irene Manzi, esprime “forte preoccupazione per il clima di veleni e sfiducia che continua a caratterizzare il Ministero della Cultura, a seguito del ‘caso Sangiuliano’. Questa situazione sta paralizzando l'azione del Mic, con effetti evidenti su settori già in sofferenza.
Le scelte ideologiche e la gestione fortemente orientata a favorire gruppi di amici e cerchie ristrette stanno minando la credibilità delle istituzioni culturali e il loro potenziale di crescita. Questo approccio miope e autoreferenziale rischia di aggravare una situazione già critica, mettendo a repentaglio l'equilibrio e lo sviluppo di settori cruciali per l'identità e l'economia del Paese. L'Italia merita una politica culturale che sia all'altezza della sua storia e del suo patrimonio. Misureremo il neo ministro Giuli alla prova dei fatti quando potremo conoscere il testo della manovra di bilancio che, da quanto apprendiamo da Giorgetti, contiene anche una netta sforbiciata ai settori culturali con profondi tagli lineari”.
“Quanto accaduto in occasione della presentazione del libro di Italo Bocchino presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, con conseguente dimissione di tre autorevoli membri del Comitato scientifico, è molto grave ed è l’ennesima dimostrazione di una gestione inadeguata e divisiva del nostro patrimonio culturale da parte del governo. Siamo di fronte a un uso strumentale delle istituzioni culturali, che dovrebbero restare spazi di confronto libero e pluralista, lontani da qualsiasi ingerenza politica. Le dimissioni di tre componenti su quattro del comitato scientifico della Galleria nazionale non possono restare sotto silenzio, Giuli chiarisca in parlamento”. Così la capogruppo democratica in commissione cultura della camera, Irene Manzi.
“Il Pd pone un problema di merito al Governo rispetto al precariato e al recente deferimento del nostro Paese e il ministro continua a giustificarsi addebitando la responsabilità al precedente governo o nascondendosi dietro le trattative con l'Europa e la rinegoziazione del Pnrr. Vorrei rinfrescare la memoria al ministro Valditara: di quel governo faceva parte anche la Lega, con un ruolo proprio al ministero dell'Istruzione. Quella stessa Lega che nel 2019 ha eliminato con un tratto di penna il sistema di formazione messo a punto dal Pd con il d. Lgs 59/2017 che avrebbe progressivamente ridotto e riassorbito il precariato e che, con il ministro Valditara, ha avviato con gravissimo ritardo il nuovo sistema di formazione iniziale. Ritardi che il sistema sta ancora scontando”. Così la deputata Irene Manzi, capogruppo Pd in Commissione Cultura alla Camera, in replica al question time al ministro Valditara sul precariato del corpo docente.
“Il ministro – continua la parlamentare - non ci ha offerto alcuna risposta rispetto al precariato sul sostegno. Una formazione, quella sul sostegno, rispetto alla quale il sistema di formazione parallelo introdotto dal governo con i corsi Indire produrrà storture, danneggiando in primo luogo i docenti che si sono formati nelle università con i percorsi Tfa". "Dal ministro volevamo delle risposte su come affrontare il precariato nella scuola e non dei numeri che raccontano che tutto va bene. La realtà è diversa da quello che racconta, basta con la propaganda”, conclude Manzi.
“Giuli vuole tassare i cittadini che vanno al museo. Ai tagli preannunciati da Giorgetti che peseranno sul ministero della cultura adesso spunta anche una nuova tassazione. Non ci sembra un buon inizio”. Così la capogruppo democratica in commissione Cultura alla Camera, Irene Manzi commenta l’audizione del ministro al parlamento nel corso della quale il neo ministro ha parlato esplicitamente di una tassa di scopo sui biglietti dei musei. “Parole preoccupanti - sottolinea Manzi - che confermano che anche quest’anno il governo Meloni intende utilizzare la cultura per reperire i fondi necessari a coprire il fallimento della propria azione economica”.
“Le recenti dichiarazioni del ministro Giorgetti, che annuncia una manovra di “lacrime e sangue”, e l’esortazione della presidente Meloni al ministro Giuli di intensificare i tagli al Ministero della Cultura, rappresentano un attacco inaccettabile a uno dei settori più vitali e strategici del nostro Paese. Se quanto apprendiamo fosse confermato nei fatti, per il secondo anno consecutivo, la cultura verrebbe brutalmente colpita da una politica di tagli che non solo mina il futuro di un comparto già fragile, ma dimostra anche un approccio cinico, volto a penalizzare volontariamente quei mondi culturali percepiti come ostili alla maggioranza attuale. La cultura non può e non deve essere trattata come una semplice voce di spesa da cui attingere per fare cassa. È una follia che, invece di investire in un patrimonio che ci rende unici al mondo, si scelga di infliggere tagli che si ripercuoteranno su teatri, cinema, musei, biblioteche, editoria e su tutti quei luoghi che danno vita alla nostra identità culturale e storica. Questo Governo dimostra ancora una volta di non avere una visione per il futuro del Paese, preferendo logiche punitive e miopi, che danneggiano i settori creativi e culturali che invece dovrebbero essere sostenuti e valorizzati. Giuli smentisca questa nuova sforbiciata” così la capogruppo democratica nella commissione cultura della Camera, Irene Manzi.
Dal ministro Giuli arrivano parole becere. Denigrare uno strumento di politica industriale fondamentale come il tax credit vuol dire non comprendere l'importanza della filiera audiovisiva italiana. Il ministro non vuole ascoltare il grido d'allarme dei lavoratori del settore cinematografico oggi nello stallo completo. Evidentemente segue le orme del suo predecessore Sangiuliano non disposto al confronto e all'interlocuzione nei confronti del comparto e dei lavoratori del cinema, una delle industrie creative più importanti del Paese. Di fronte a un settore in crisi che non sa come muoversi a causa delle pessime riforme varate dal predecessore di Giuli ci saremmo aspettati un briciolo di attenzione e rispetto in più se non le scuse”. Lo dichiara la deputata Irene Manzi, Capogruppo Pd in Commissione Cultura, commentando le parole del ministro Giuli durante il Question Time riguardo al fatto che, a detta del Ministro, “il tax credit possa diventare il superbonus” per il mondo assistito da un reddito di cittadinanza cinematografico.
“Sono oltre 7 mesi che il ministro Valditara non sta ricevendo gli studenti e a dirlo non è il PD ma gli studenti stessi in una nota stampa. Sempre il ministro Valditara porta in aula un provvedimento, senza nessuna condivisione con gli studenti, che adotta una logica esclusivamente punitiva e sanzionatoria, privo di visione e della capacità di costruire un clima di dialogo e confronto costruttivo all’interno della comunità scolastica nel suo insieme e di prevenire anziché esclusivamente reprimere i fenomeni di disagio. Noi oggi ci batteremo in aula con tutte le nostre forze per contrastare il ddl sul voto in condotta. Non sono questi gli strumenti che servono alla scuola, datati e scarsamente efficaci”. Lo dichiara Irene Manzi capogruppo pd in commissione Cultura e Scuola di Montecitorio.
“L'etimologia del termine valutazione vuol dire anche dare valore. Il sistema di valutazione, introdotto nel 2020 dopo un grande lavoro complessivo che aveva coinvolto il mondo della scuola, le famiglie, gli studenti e i docenti, voleva proprio dare valore a un ‘progresso’, a favorire soprattutto un percorso di crescita degli studenti e di consapevolezza di quelle che potevano essere le difficoltà che incontravano con l'obiettivo di comprenderle e superarle. Di colpo, con un tratto di penna e senza aver avviato alcun monitoraggio, si torna indietro come se non fosse accaduto niente e soprattutto senza passare attraverso un confronto preventivo, un'analisi attenta dei risultati raggiunti con quel sistema innovativo e frutto del lavoro di pedagogisti, educatori, insegnanti, accademici. Ecco perché riteniamo che, con altrettanto analogo colpo di penna, si dovrebbe tornare indietro rispetto a questa controriforma che fa male alla scuola, ma soprattutto, alla crescita dei bambini. La propaganda a scuola non serve a nulla. Bisognerebbe avere più cura del lavoro straordinario di chi se ne occupa con professionalità”. Lo ha detto in Aula alla Camera la deputata dem Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura, durante l’esame del ddl voto in condotta.