Depositata interrogazione: che fine hanno fatto i 24,8 milioni previsti per il 2025?
“I fondi dell’editoria sono fermi al palo: che fine hanno fatto i 24,8 milioni di euro previsti per il 2025 a sostegno delle biblioteche e della filiera editoriale? Il Ministro Giuli dovrebbe rispondere a questa domanda, invece di rifugiarsi ogni giorno in nuove polemiche per coprire i ritardi e l’inefficienza della sua gestione”. Lo dichiara Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Cultura alla Camera, commentando le ultime dichiarazioni del Ministro della Cultura e annunciando la presentazione di un’interrogazione parlamentare sul tema. “Il cosiddetto Piano Olivetti, approvato lo scorso dicembre – prosegue Manzi - prevede uno stanziamento di 24,8 milioni di euro per il 2025 e 5,2 milioni per il 2026 per l’acquisto di libri da parte delle biblioteche pubbliche e degli enti culturali, con l’obiettivo di rafforzare la rete bibliotecaria nazionale e sostenere la produzione editoriale. Peccato che, a oltre 120 giorni dalla sua entrata in vigore – ben oltre il limite dei 90 giorni previsto dalla norma – si stiano ancora attendendo i decreti attuativi del Ministero. Un grave ritardo che sta creando forte incertezza tra le biblioteche e soprattutto tra gli editori medio-piccoli, che attendono risorse essenziali per continuare a lavorare”, prosegue Manzi. “Mentre il comparto editoriale soffre per i tagli imposti dal Governo Meloni alla promozione della lettura, il Ministro Giuli si dedica alle polemiche, oggi prendendosela persino con il Premio Strega. La verità è che il Ministero è paralizzato, gli uffici sono bloccati dalla politicizzazione di ogni decisione e l’unica linea che Giuli sembra perseguire è quella dello scontro continuo per mascherare la propria inadeguatezza”.
"Gli Usa scivolano verso un regime autocratico. E' questo il quadro drammatico che emerge dal rapporto presentato da Amnesty International sui primi 100 giorni dell'amministrazione Trump. "Caos e crudeltà: 10 aggressioni sempre più gravi ai diritti umani" è il titolo del report di cui oggi ho parlato con Paul O'Brien, direttore esecutivo di Amnesty Usa". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, a margine dell'incontro con O'Brien.
"Nei soli primi tre mesi di presidenza, Donald Trump ha instaurato negli Usa un regime basato su frequenti attacchi alla libertà di espressione e al diritto di protestare, allo stato di diritto, alla libertà di stampa, ai diritti delle donne e delle persone LGBTQIA+. Ha licenziato decine di migliaia di dipendenti pubblici impegnati in settori considerati sgraditi - sottolinea Boldrini citando il rapporto -. Ha tentato in ogni modo di marginalizzare le comunità nere e latine, ha smantellato il sistema di promozione e sostegno dei diritti umani in altri paesi tagliano oltre l’80 percento dei fondi destinati alla cooperazione internazionale, ha demolito i sistemi di controllo sulla trasparenza delle aziende e, com'è noto, iniziato una repressione senza precedenti contro le persone migranti e richiedenti asilo con rastrellamenti, deportazioni e arresti arbitrari. Nell'America di Trump in Università e uffici pubblici esistono liste di parole vietate e se si manifesta in favore del popolo palestinese, si rischia di vedersi ritirare la laurea".
"Un quadro drammatico, quello dipinto da O'Brien - denuncia la deputata dem -. Preoccupa enormemente che la destra al governo in Italia consideri Trump un riferimento politico a cui ispirarsi e un alleato di cui fidarsi".
"Contro queste derive liberticide e autoritarie messe in atto dal presidente, però, ha sottolineato O’Brien, la società civile statunitense sta cominciando a reagire con grandi manifestazioni e organizzando iniziative pubbliche in tante città statunitensi. O'Brien racconta anche che nelle ultime settimane sono molto aumentate le persone che sostengono Amnesty Usa e il suo impegno quotidiano in difesa dei diritti umani, negli States e in tutto il mondo - conclude Boldrini -. No, non tutte le americane e gli americani applaudono Trump. Anzi, anche nel suo elettorato iniziano ad aprirsi delle crepe visibili. Opposizioni e società civile devono fare fronte comune, nelle istituzioni e fuori, per fermare questa deriva. Negli Usa come in Italia e in ogni luogo in cui le destre minacciano le nostre libertà".
“Oggi la Camera ratifica l’ennesimo decreto sugli eventi catastrofali. Un testo non all’altezza delle emergenze che stiamo vivendo, a partire dalla mancanza di prospettiva e organicità. Un provvedimento che ha un approccio sbagliato e di corto respiro, che aggiusta i precedenti decreti anche grazie a proposte che il Pd aveva presentato ormai due anni fa, se parliamo dei territori alluvionati, e un anno fa, se ci riferiamo ai territori dei Campi Flegrei. Richieste che erano giunte dai territori e dai loro amministratori. Bene almeno che la maggioranza abbia compreso che commissariare i governi locali non paga né elettoralmente, né sul fronte della ricostruzione e della prevenzione”.
Così la deputata democratica Ouidad Bakkali, intervenendo in Aula alla Camera per annunciare il voto contrario del Pd al Dl Alluvioni.
“Un programma straordinario di riduzione del rischio idraulico e idrogeologico da un miliardo in dieci anni - ha aggiunto - è un segnale insufficiente, disarticolato e non in grado di rendere efficace una strategia nazionale, che purtroppo continuiamo a non avere. Non si garantisce così il diritto a restare nei propri territori. Non si contrasta in questo modo l’abbandono progressivo di molte zone a partire da quelle collinari, spesso all’origine della forza devastatrice di fango e acqua che arrivano a valle. Anche sui Campi Flegrei nessuna strategia chiara: siamo al terzo decreto dopo 10mila scosse, 130 edifici inagibili e una popolazione in allarme. In questo modo - ha concluso - il negazionismo climatico e l’approccio emergenziale continuerà a fare morire le persone e a portare distruzione e disperazione nei nostri territori”.
“Un’altra vergognosa presa in giro: ecco come finiscono gli accorati appelli del Ministro Urso all’unità e alla collaborazione.”
Così, in una nota congiunta, i deputati pugliesi del Partito Democratico Ubaldo Pagano, Claudio Stefanazzi e Marco Lacarra.
“La scorsa settimana, su input del presidente della Regione Puglia, del Presidente della Provincia di Taranto e del Sindaco, avevamo richiesto formalmente al Presidente della Commissione Attività produttive Gusmeroli l’audizione di tutti gli enti territoriali coinvolti nell’accordo di programma per il rilancio dell’ex Ilva. Qualche minuto fa ci hanno comunicato che quella richiesta, accettata in un primo momento, è stata rispedita al mittente, senza spiegazioni valide, senza un motivo valido. Non è difficile immaginare che dietro questo retrofront ci sia ancora una volta il Ministro delle Imprese, che davanti ai microfoni finge di prodigarsi per mettere d’accordo interessi nazionali e comunità territoriali ma poi, ogni volta che se ne presenta l’occasione, sabota qualsiasi tentativo di avviare un dialogo.”
“Quell’ipotesi di accordo - continuano i dem - presenta una serie di criticità rilevanti dal punto di vista ambientale e occupazionale. Davanti a tutte queste incertezze è impossibile, a quanto pare, aprire un confronto in Parlamento con gli enti territoriali, su cui quotidianamente vengono fatte pressioni per chiudere l’Accordo. Perché Urso, perché?
“L’amicizia con Trump della presidente Meloni fa danni all’Italia e all’Europa: accettare i dazi al 10% non è un successo, ma un danno grave all’economia e alla occupazione del nostro Paese. Inoltre i dazi effettivi, visto il deprezzamento del dollaro saranno del 23% come ha detto il presidente di Confindustria Orsini. Il Governo Meloni ha già chinato la testa sul fatto di non applicare la tassazione prevista dalla global minimum tax e si è impegnata a comprare armi e gas dagli USA. Invece che millantare rapporti privilegiati con Trump il governo nazionalista asseconda il nazionalismo americano a danno del nostro Paese. La destra non è un ponte per risultati migliori con Trump, ma è il suddito che fa subire ai lavoratori e alle imprese la prevaricazione della peggiore destra americana”. Lo dichiara Virginio Merola, capogruppo Pd in commissione Finanze di Montecitorio.
“Pochi centesimi in più per mettere a rischio una vita umana: i “bonus”, se così vogliamo chiamare gli incentivi che Glovo propone di dare ai riders che lavorano con il caldo, ledono la dignità di chi lavora. Non solo: vanno contro ogni principio basilare di sicurezza, che non deve mai, e dico mai, essere messa in secondo piano rispetto al profitto. Se davvero le aziende vogliono fare qualcosa, garantiscano pari guadagni anche a fronte di una diminuzione delle consegne per le alte temperature, che rendono spesso difficoltose se non impossibili le condizioni di lavoro”. Così Chiara Gribaudo, presidente della Commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sulla mail ricevuta dai riders di Glovo in cui vengono presentati dei bonus per chi effettua consegne con le alte temperature di questi giorni.
Non è chiaro se è un modo per lavarsi la coscienza o la forma più avanzata dello sfruttamento, certo è che nessun guadagno vale la vita umana. In un campo, una serra, un cantiere e nemmeno su una bici. Il caldo estremo causato dalla crisi climatica è un pericolo che non ha prezzo.
Lo ha scritto su X Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“Un bonus di pochi centesimi per chi lavora a oltre 40 gradi non è solo un insulto alla dignità, ma un ricatto che mette a rischio la vita delle persone. È l’ennesima dimostrazione di come i rider vengano considerati: manodopera sacrificabile, da incentivare con qualche spicciolo anche nei momenti di massimo rischio per la salute. La dignità del lavoro non può valere 5, 10 o 20 centesimi a consegna. Queste proposte sono la diretta conseguenza di un clima politico alimentato dal governo di destra che ha soltanto tolto diritti e tutele, soprattutto ai lavoratori fragili": così Emiliano Fossi, deputato del Partito Democratico e segretario regionale della Toscana, commentando la decisione della piattaforma Glovo di riconoscere un "bonus caldo" proporzionale alla temperatura esterna sugli ordini completati, pari a pochi centesimi per ciascuna consegna.
“Come ho avuto modo di ribadire in numerose occasioni i rider sono oggi il simbolo di un lavoro precario, sottopagato, con turni estenuanti, pochissimi diritti e pericoli continui. Il loro numero è in crescita – si parla di circa 100mila in Italia – ma le tutele non crescono con loro. Anzi, diminuiscono. Non possiamo più accettare che la logica del profitto a tutti i costi prevalga sulla sicurezza e la dignità delle persone. Servono regole nuove, giuste, coraggiose: da mesi giace a Montecitorio la mia proposta di legge che va in questa direzione; si tratta di un punto di partenza aperto al contributo di tutti: sindacati, forze politiche, enti locali e associazioni. Ma il tempo delle parole è finito: adesso bisogna agire”.
Oggi festeggiamo la vittoria di una battaglia importante. Grazie alla mobilitazione di tante donne, della Cgil di Torino e del Piemonte, di Se non ora quando e anche tanti uomini, la stanza dell’ascolto dell’Ospedale Sant’Anna di Torino deve chiudere: a sancirlo è il TAR del Piemonte”.
Così Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito Democratico, sulla sentenza del TAR che ha dichiarato che la stanza dell’ascolto all’ospedale Sant’Anna di Torino debba chiudere, in quanto la convenzione siglata tra la Città della Salute e l'associazione Pro-vita sarebbe illegittima.
“Uno sperpero di denaro pubblico, soldi che potevano essere investiti sulla sanità e che invece la giunta Cirio ha scelto di buttare in una stanza contro i diritti delle donne. Non c’è spazio negli ospedali pubblici per la propaganda antiabortista di Marrone e Cirio. Continuiamo a difendere la 194” conclude la deputata piemontese.
“E’ inaccettabile questa decisione di Glovo di dare un bonus ai rider che lavoreranno nelle ore più calde della giornata. Non si può mettere a rischio la vita delle persone in cambio di un po’ di soldi in più in busta paga. Questa scelta viola i protocolli che verranno introdotti. Presenteremo una interrogazione parlamentare urgente. Il governo prenda posizione”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
Come Pd siamo molto preoccupati della pericolosa deriva per la cultura nel nostro Paese. Questo governo sceglie di sottrarre autonomia alla cultura per sottoporla al controllo politico, penalizzando diverse realtà anche sul piano occupazionale”. Lo ha detto la deputata Giovanna Iacono durante il Question Time alla Camera con il ministro Giuli.
“Le commissioni, organi che dovrebbero essere indipendenti, hanno bocciato il finanziamento di diversi festival non tenendo conto della qualità artistica dei progetti proposti, come previsto dalle indicazioni delle tabelle ministeriali, ma per ragioni non chiare”, ha sottolineato la parlamentare dem. “Il decreto relativo l'accesso ai contributi pubblici nell'ambito dei Festival Multidisciplinari provoca forti preoccupazioni nel mondo della cultura: i gravi tagli mettono a rischio le realtà di rilevanza nazionale e internazionale. Sono 29 i festival storici esclusi, attivi da anni e sostenuti, nei passati trienni, dai contributi ministeriali, tra di essi anche lo storico Festival di Sant’Arcangelo. Purtroppo il ministro Giuli non ne chiarisce le motivazioni e se ne lava le mani”, conclude Iacono.
“Un’altra vergogna sulla pelle dei più fragili. Il governo Meloni ha deciso di tagliare 13 milioni di euro dal Fondo per la povertà per finanziare un bonus da 40 euro al mese destinato alle madri lavoratrici con due o tre figli fino a 10 anni. Un sostegno minimo, per di più costruito sottraendo risorse a chi vive in povertà assoluta. E non perché i soldi manchino. Ma perché si è scelto di prenderli proprio da lì. Si potevano trovare altrove. Tra i miliardi stanziati per i condoni fiscali a chi evade le tasse, tra i 150 milioni di euro usati per cancellare le multe ai No Vax, nel miliardo buttato via per costruire degli inutili centri per migranti in Albania. Ma no. Hanno scelto di tagliare il fondo che dovrebbe garantire dignità a chi non ce la fa. Un fondo che Giorgia Meloni aveva già ridotto e indebolito di un miliardo di euro. E così, nel 2025, in Italia, se sei povera e non produci, non meriti nemmeno un aiuto. Ma se lavori e fai abbastanza figli, allora sì: un piccolo contentino lo meriti.
Non è un errore, è una scelta politica. Una strategia che riserva briciole per alcuni e il nulla totale per gli altri. Il governo fermi questa ennesima follia”. Cosi sui social il deputato Marco Furfaro, capogruppo dem in commissione Affari sociali e responsabile nazionale Welfare del Partito Democratico.
È grave il tentativo del ministro Nordio di tirare per la giacchetta il Presidente della Repubblica in una polemica politica per difendere il decreto sicurezza, decreto peraltro tutto sbagliato. Si tratta di un comportamento inaccettabile da parte di un ministro che dovrebbe piuttosto spiegare perché la giustizia italiana è al collasso. La verità è che Nordio, anziché affrontare i tanti problemi della giustizia, impiega il suo tempo per attaccare le opposizioni e la magistratura. Colpisce, poi, il tono con cui il ministro affronta il tema drammatico del sovraffollamento carcerario: ricette semplicistiche, annunciate da anni e sempre con superficialità, che ignorano la complessità del problema e la necessità di riforme strutturali. Il Ministro Nordio conferma purtroppo l’inadeguatezza al ruolo che ricopre.
Così Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio.
“Le commissioni giudicanti dei Festival multidisciplinari, organi che dovrebbero essere indipendenti, sono state usate come manganello per punire alcune delle espressioni artistiche più importanti del nostro Paese, finanziate per decenni da tutti i colori politici, non perché fossero amiche di qualcuno ma perché se lo meritavano. Oggi queste realtà sono completamente escluse dal finanziamento per il triennio 2025-2027. Questo governo vuole colpire un pezzo del mondo della cultura: chi innova, chi sperimenta e chi, attraverso l'arte, ha funzione sociale. Un colpo alla cultura senza motivazione per favorire chi è più 'amico' del governo ma che di artistico non ha davvero nulla”. Lo dice il deputato Pd Matteo Orfini, in replica al ministro Giuli durante il Question Time alla Camera sui tagli agli organismi dell'ambito Multidisciplinare.
“A smentire le parole del ministro Giuli – sottolinea l'esponente dem - sono le dichiarazioni dei parlamentari del suo partito che hanno rivendicato le bocciature e i tagli ai Festival multidisciplinari, anticipando le motivazioni delle commissioni su verbali ancora segreti. Qualcuno sapeva le ragioni per cui il teatro La Pergola era stato declassato prima della sindaca Funaro di Firenze”. “Non è compito della politica quello di indirizzare la cultura ma di garantirne la libertà. Esattamente il contrario di quanto accaduto con questo governo. Dove c'è una cultura libera, è la democrazia ad essere più forte. Ed è proprio questo ciò che spaventa il governo Meloni”, conclude Orfini.
"A forza di inseguire polemiche, il Ministro Giuli finisce per inciampare nel suo stesso risentimento. Oggi ha trovato il modo di prendersela anche con il Premio Strega, dimenticando un fatto essenziale, come ricordato dalla stessa Fondazione Bellonci: è stato lui stesso, con una lettera, a dimettersi dalla giuria nel momento della sua nomina al Ministero” Così Irene Manzi, Capogruppo PD nella Commissione Cultura della Camera dei Deputati. “Siamo all’ennesima polemica inutile, forse, solo a mascherare l’assenza totale di contenuti e risultati concreti. Il Ministero della Cultura sotto la guida di Giuli è fermo: l’editoria attende da troppo tempo una legge di settore, i fondi prima tagliati e poi parzialmente reintegrati sono comunque insufficienti, e le scelte ideologiche del governo Meloni hanno colpito duramente la promozione della lettura e il sostegno all’acquisto di libri. Mentre il mercato del libro è in calo, il Ministro si rifugia nelle polemiche e nelle battute invece di affrontare i problemi con serietà e competenza” conclude Manzi.